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Trombosi dopo il vaccino, esiste una cura? Gli studi di Rossella Marcucci e Ishac Nazy

Il parere degli esperti sulle trombosi post vaccino

Trombosi dopo vaccino, esiste una cura? Gli esperti Rossella Marcucci e Ishac Nazy illustrano i loro studi e pareri a riguardo.

Trombosi dopo vaccino: parlano gli esperti Rossella Marcucci, professoressa di Medicina Interna all’Università di Firenze e direttrice della struttura ospedaliera dipartimentale Malattie Aterotrombotiche presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze, e Ishac Nazy, docente di medicina alla McMaster University e direttore del laboratorio di Immunologia delle piastrine.

Trombosi dopo vaccino AstraZeneca: di cosa si tratta

La rara sindrome trombotica associata al vaccino AstraZeneca si verifica quando gli anticorpi di un individuo attaccano una proteina del sangue, detta PF4 (fattore piastrinico 4): ciò attiva le piastrine e le induce ad aggregarsi e formare dei grumi, con l’effetto di ridurre il numero di piastrine in circolazione. Ciò si verifica prevalentemente nelle donne giovani.

Trombosi dopo vaccino: parla la professoressa Rossella Marcucci

Rossella Marcucci è tra i maggiori esperti in Italia nella diagnosi della VITT, ovvero la trombosi venosa trombocitopenica da vaccino, un disturbo raro che può presentarsi dopo la somministrazione dei vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson) e che può portare, nei casi più gravi, anche alla morte.

La professoressa, in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi, è riuscita a individuare un protocollo per trattare questa patologia. La terapia ha infatti salvato la vita a una paziente di 50 anni, che aveva avuto una reazione avversa grave in seguito alla somministrazione del vaccino AstraZeneca.

Intervistata da Fanpage.it, la professoressa Marcucci ha chiarito alcuni dubbi riguardanti la patologia e i vaccini a vettore virale.

Questi vaccini sono sconsigliati in presenza della pillola anticoncezionale?

No, anche secondo i dati SISET non è affatto dimostrato che questi eventi si verifichino maggiormente nei soggetti che prendono la pillola, “in tutti i casi che abbiamo esaminato non è mai emersa questa correlazione”, spiega l’esperta.

Esiste un esame che può essere effettuato per verificare se si è a rischio VITT?

Non esiste nessun esame del genere, inoltre, spiega Marcucci: “Questi eventi legati al vaccino sono rarissimi, e in nessuno dei casi che abbiamo trovato c’è stata una correlazione con la trombofilia. Chi sa di essere portatore di trombofilia non ha insomma un rischio maggiore rispetto al resto della popolazione”.

Rossella Marcucci spiega il protocollo adottato per trattare questi casi di VITT

“I pazienti vanno trattati con le immunoglobine e la terapia steroidea, cioè il cortisone, per cercare di tenere sotto controllo questi anticorpi; e poi va dato un anticoagulante, che però deve essere diverso rispetto all’eparina, perché il tipo di meccanismo che si innesca è molto simile a quello che si verifica in una condizione che si chiama trombocitopenia da eparina. In questo caso non è il vaccino ma appunto l’eparina a innescare queste reazioni, sempre mediate da questi anticorpi. È più appropriato allora con la VITT non usare l’eparina per non correre il rischio di avere una cross-reattività, che potrebbe alimentare questo tipo di reazioni avverse”.

Bisogna sospendere la somministrazione di questi vaccini? Il parere dell’esperta

“L’indicazione, come appunto ha detto l’Aifa, è quella di preferire i vaccini a mRNA, Pfizer e Moderna, per le persone più giovani. I vaccini sono tutti efficaci, ma bisogna tenere conto delle fasce d’età a cui si somministrano, per non mettere in pericolo la salute dei cittadini”, afferma Marcucci.

Trombosi dopo vaccino AstraZeneca: parla il docente Ishac Nazy

Un trattamento salvavita per i rari casi di trombosi associate alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca è stato trovato da ricercatori della McMaster University canadese. La cura, descritta in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine che ha coinvolto tre pazienti, consiste in una combinazione di farmaci anticoagulanti e di immunoglobuline da iniettare per via endovenosa. Lo spiega più nel dettaglio l’esperto Ishac Nazy a Repubblica.

Il professor Nazy sul trattamento

“Ciò che abbiamo mostrato nei casi descritti nello studio è che con IVIG più anticoagulanti si riesce a impedire che gli eventi trombotici si aggravino”, spiega l’esperto, che illustra in che modo il trattamento agisce sulle piastrine: “L’iniezione delle immunoglobuline IVIG non ha come effetto quello di ridurre il numero degli anticorpi “cattivi” (per così dire) responsabili dell’attivazione delle piastrine: quegli anticorpi rimangono nel sangue”.

Continua: “Quello che fanno le immunoglobuline, però, è di competere con gli anticorpi “cattivi” per l’accesso alle piastrine. Grazie a questa competizione, il numero di anticorpi “cattivi” che riescono ad attivare le piastrine cala drasticamente, e questo impedisce che le piastrine attivate vadano ad aggravare i trombi. Non solo: se meno piastrine si attivano, c’è anche meno rilascio nel sangue di alcuni fattori piastrinici che facilitano il formarsi di trombi”.

I risultati dello studio

“Abbiamo applicato questo mix a tre pazienti di età tra 63 e 72 anni, affetti da trombocitopenia associata alla somministrazione del vaccino AstraZeneca. Due dei pazienti avevano trombosi arteriose alle gambe, il terzo paziente aveva trombosi venose e arteriose cerebrali. L’iniezione di un’alta dose di immunoglobuline IVIG ha inibito l’attivazione delle piastrine stesse”.

“Nel paziente 1, dopo la somministrazione delle immunoglobuline, il conto delle piastrine è salito in due giorni da 74.000 a 114.000 (per millimetro cubo di sangue). Nel paziente 2 è salito in tre giorni da 27.000 a 124.000. Nel paziente 3 è salito in tre giorni da 35.000 a 125.000. Questo aumento così rilevante del numero di piastrine in circolazione ci dimostra che l’attività trombotica è stata inibita”, spiega Nazy.