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Gran Bretagna, il parlamento ha votato a favore dei raid in Siria

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Il fronte internazionale anti Isis si allarga, accogliendo anche la Gran Bretagna, il cui parlamento ha approvato ieri l'intensificazione delle azioni militari in Siria. Era un voto atteso, quello della Camera dei Comuni, il cui esito non stupisce affatto. David Cameron si è giocato il tutto per...

Il fronte internazionale anti Isis si allarga, accogliendo anche la Gran Bretagna, il cui parlamento ha approvato ieri l’intensificazione delle azioni militari in Siria.

Era un voto atteso, quello della Camera dei Comuni, il cui esito non stupisce affatto. David Cameron si è giocato il tutto per tutto, ricordando ai colleghi in aula che “questi terroristi pianificano di ucciderci. Ci attaccano per quello che siamo, non per quello che facciamo”. Inevitabile il richiamo alla richiesta di aiuto rivolta alla Gran Bretagna da parte del presidente francese Francois Hollande, o quello alla ferma presa posizione di altri paesi, come USA e Russia, da tempo operativi sul campo. Non che Londra non lo sia stata finora, ma, a questo punto, si tratta di attivare un programma di bombardamenti mirati e costanti, con l’obiettivo di fiaccare la resistenza dello Stato Islamico. Cameron ha trionfato, raccogliendo ben 397 voti favorevoli e soltanto 223 contrari e, così, poco dopo che il Parlamento britannico si era espresso, due tornado inglesi e i caccia della Royal Air Force già decollavano dalla base sull’isola di Cipro, forse per sferrare il primo attacco in Siria.

La risposta dell’estremismo islamico non si è fatta attendere, ma per ora si è limitata ad un commento, seppure venato di minaccia: “non prendetevela con l’Islam quando vi colpiremo”.

Nel frattempo, il segretario di stato americano John Kerry ha invitato i 26 membri Nato a incrementare lo “sforzo militare” per combattere Daesh in modo più incisivo, invocando la formazione di una vera alleanza internazionale. I paesi finora scesi in campo sono quattro (Russia, USA, Francia e, da ieri, Gran Bretagna), ma la presenza di un fronte unito anti Isis è per il momento una definizione molto lontana dalla realtà. I problemi sono molti: la crisi fra Russia e Turchia non si è affatto risolta, gli interessi economici e politici dei vari attori in campo sono molto diversi fra di loro e la minaccia del nemico non è così forte da mandarli in secondo piano, ma, più di tutto, mancano una strategia comune per coordinare gli interventi e una relativa a ciò che dovrebbe succedere in futuro in Siria e Iraq.