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Pensioni, 650 euro mensili con 20 anni di contributi

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Sindacati e governo discutono su come trattare le pensioni dei lavoratori discontinui, che rischiano seriamente d avere un trattamento troppo basso.

Novità in ambito delle pensioni

Spinoso e sempre attuale il tema delle pensioni. Adesso si discute di cosa succederà a chi il lavoro lo dovrò lasciare tra venti anni o più, ma anche dei requisiti che saranno in vigore prima, nel 2019. L’aumento dell’aspettativa di vita dovrebbe portare l’età della vecchiaia a 67 anni tondi.

Confronto tra governo e sindacati

Il confronto tra governo e sindacati oscilla tra questi due diversi orizzonti temporali. L’intesa è più vicina se si parla del futuro e del meccanismo di garanzia per i lavoratori discontinui. Queste persone ora rischiano di ritrovarsi con un trattamento eccesivamente basso. La domanda dei sindacati di sospendere gli scatti legati all’evoluzione demografica incontra invece una resistenza piuttosto ferma dal governo. La parola d’ordine ufficiale per il momento è aspettare i dati definivi dell’Istat previsti per il mese di ottobre. Ma è molto difficile che quei numeri possano contraddire le previsioni del marzo scorso. Queste porterebbero ad un “gradino” di cinque mesi. Così ieri, al termine dell’incontro al ministero del Lavoro Cgil, Cisl e Uil (rappresentate rispettivamente da Susanna Camusso, Maurizio Petriccioli e Carmelo Barbagallo) non hanno nascosto la propria insoddisfazione. Il segretario generale della Uil si è in qualche modo appellato al Parlamento. A suo avviso “sul punto c’è una larga maggioranza”.

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Parere del presidente

Il tema dovrebbe essere eventualmente affrontato nella legge di Bilancio. Infatti, per tornare indietro rispetto alla procedura di adeguamento automatico, serve un apposito intervento normativo. Per l’esecutivo però una mossa del genere potrebbe pesare, oltre che dal punto di visto della spesa delle pensioni, anche da quello della credibilità internazionale conquistata. Qesta era stata ottenuta proprio grazie alle riforme previdenziali messe in atto.

Il presidente Inps Tito Boeri si è detto contrario anche alla proposta dell’esecutivo. Questa è stata presentata ieri al tavolo, con le confederazioni di un meccanismo di garanzia per le future pensioni dei giovani. Secondo lui, si finirebbe per sostenere queste persone prelevando somme (per via fiscale) dalla stessa fascia generazionale penalizzata.

Evitare un trattamento esiguo per i lavoratori discontinui

Il problema riguarda coloro che, avendo iniziato a lavorare dopo il primo gennaio 1996 e ricadendo quindi in pieno nel sistema contributivo, rischiano di mettere insieme un trattamento esiguo se hanno buchi di carriera. Davanti a loro si aprirebbero due opzioni: la pensione flessibile a 63 anni e 7 mesi oppure quella di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi (questi sono i requisiti attuali). Nel primo caso è richiesto di aver maturato un trattamento pari a 2,8 volte l’assegno sociale (circa 450 euro al mese oggi). Nel secondo pari a 1,5. Chi è sotto dovrebbe continuare a lavorare. Il governo ipotizza di ridurre il primo coefficiente da 1,5 a 1,2 ed eventualmente anche il secondo. A quel punto, per evitare che la pensione risulti troppo bassa ,scatterebbe la garanzia, attraverso il cumulo di pensione e assegno sociale: l’asticella minima verrebbe posta intorno a quota 650 euro.

Altri temi di discussione

Gli altri temi del confronto riguardano la pensione integrativa e il potenziamento dell’Ape sociale. Di quest’ultimo punto, con particolare riguardo alle lavoratrici, si discuterà più nel dettaglio in un incontro della settimana prossima.

Quanto alla previdenza complementare, l’idea è usarla come ulteriore strumento di flessibilità in vista della pensione definitiva. Sarebbero quindi detassati il Tfr o l’incentivo all’uscita dirottati nel fondo complementare, nel caso in cui gli interessati percepiscano poi la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) come trattamento-ponte.