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Rita dalla Chiesa e la mafia: "Mio padre non ha avuto una morte dignitosa"

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La notizia che la Cassazione ha aperto al differimento della pena per Totò Riina perché gravemente malato ha provocato i commenti amari di Rita Dalla Chiesa, vittima anche lei della mafia. La quale in un'intervista a Tg24 ha dichiarato: «Penso che mio padre una morte dignitosa non l'ha avuta, l'...

La notizia che la Cassazione ha aperto al differimento della pena per Totò Riina perché gravemente malato ha provocato i commenti amari di Rita Dalla Chiesa, vittima anche lei della mafia. La quale in un’intervista a Tg24 ha dichiarato: «Penso che mio padre una morte dignitosa non l’ha avuta, l’hanno ammazzato lasciando lui, la moglie e Domenico Russo in macchina senza neanche un lenzuolo per coprirli. Quindi di dignitoso, purtroppo, nella morte di mio padre non c’è stato niente».

«Sto insegnando a mio nipote ad avere fiducia nella giustizia e nella legalità». Queste le parole della figlia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso proprio dall’ex capo di Cosa Nostra –. Lo porto sempre in mezzo ai carabinieri. In questo modo faccio quello che avrebbe fatto mio padre. Per quanto riguarda invece la fiducia nella giustizia, forse sto sbagliando tutto, sto sbagliando tutto».

La richiesta della difesa del boss di Cosa Nostra finora era sempre stata respinta dal tribunale di Bologna. Ma adesso lo stesso tribunale si vedrà costretto a riconsiderare le proprie dcisioni in base ai rilievi effettuati dalla Corte di Cassazione. Secondo quest’ultima, infatti, il “diritto a morire dignitosamente” va assicurato a ogni detenuto. Quindi anche ai colpevoli per crimini di mafia. Inoltre la Cassazione dovrà verificare se Totò Riina, in carcere dal 1993, possa ancora eresse considerato pericoloso. Questo, in considerazione dell’età avanzata e delle gravi condizioni di salute.

Lo sconcerto dal mondo della politica

Altrettanto dure sono state anche le reazioni politiche e quelle degli esponenti del mondo dell’impegno civile. Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, ha dichiarato: “Totò Riina è detenuto nel carcere di Parma, dove vengono assicurate cure mediche in un centro clinico di eccellenza. È iusto assicurare la dignità della morte anche a Riina. Ma per farlo non è necessario trasferirlo altrove, men che meno agli arresti domiciliari”. Anche Giuseppe Lumia, componente della commissione antimafia e senatore del Pd, ha espresso le proprie perplessità sull’argomento. “Bisogna evitare di dare messaggi sbagliati. È chiaro a tutti che il diritto alle cure mediche non può essere negato a nessuno. Ma da qui a tirar fuori un profilo quasi pietoso del boss ne passa. Riina è un carnefice spietato e ancora pericoloso. È necessario non dare segni di debolezza che potremmo pagare amaramente“.

Per Franco La Torre, figlio di Pio La Torre ucciso il 30 aprile 1982, la scarcerazione di Riina rappresenta “un’ulteriore ferita” per le vittime. “Quando qualche anno fa Provenzano era incapace di intendere e di volere sono stato fra quelli che erano favorevoli a restituirlo ai suoi cari. Lo sarei anche oggi se le condizioni di Riina fossero le stesse. Ma non mi pare che sia così“. Questa è stata la conclusione del commento di La Torre. Il riferimento è alle intercettazioni di Riina dal carcere di due anni fa. Dove il boss parlava del piano per uccidere il pubblico ministero Nino Di Matteo.

L’amaro commento dei famigliari delle vittime di mafia

Anche l’Associazione dei Familiari delle Vittime di via dei Georgofili ha espresso il proprio disappunto. “Dignità e umanità, invocate dalla Corte di Cassazione per il macellaio di via dei Georgofili, possono essere esercitate tranquillamente all’infermeria del carcere o in un ospedale attrezzato per il 41 bis. Si può morire dignitosamente ovunque nelle mani di uno Stato, tranne in via dei Georgofili. Come è avvenuto il 27 maggio 1993 per Dario, Nadia, Caterina, Angela, Fabrizio. E quanti ancora oggi spesso non possono condurre la vita che gli resta dignitosamente“.