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Alla ricerca del secondo intercalare perduto

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Quanti secondi ci sono in un minuto? Be’, il 30 giugno del 2015 la vostra risposta sarebbe – molto probabilmente – stata sbagliata.

Quanti secondi ci sono in un minuto? Be’, il 30 giugno del 2015 la vostra risposta sarebbe – molto probabilmente – stata sbagliata. Quella giornata è durata infatti un po’ più del solito: un secondo, per la precisione, che ha portato a 61 secondi l’ultimo minuto del giorno. È il cosiddetto leap second, o secondo intercalare, quello che l’IERS (International Earth Rotation and Reference System Service) utilizza per “aggiustare” gli orologi di tutto il pianeta. Più precisamente, per sincronizzare il tempo solare o astronomico (GMT) con il tempo artificiale segnata dagli orologi atomici (UTC). Una manovra resa necessaria dalle irregolarità del ritmo di rotazione della Terra e che viene applicata nel momento in cui la differenza tra i due tempi diventa troppo ampia, ovvero supera in valore assoluto gli 0,6 secondi (non si fanno sconti quando si parla di precisione temporale).

Tolti di mezzo i tecnicismi, ciò che rimane è quel secondo in più, quel battito in più sul calare del giorno di cui neppure ci accorgiamo (per la verità, di cui nella maggior parte dei casi neanche sappiamo) ma che c’è e che si va a sommare a tutti gli altri secondi intercalari che abbiamo vissuto nelle nostre vite da quando lo stratagemma è stato introdotto per la prima volta nel 1972.

27 volte, per la precisione, l’ultima nel 2016. Una piccola catena di secondi extra, di tempo gratis che si aggiunge a quello frenetico delle nostre giornate le cui 24 ore sembrano non bastare mai.

Quante cose si possono fare in un secondo? Non molte. E in 27 secondi? Qualcuna in più. Quasi mezzo minuto che vola via in un battito di ciglia o può sembrare un’infinità di tempo, tutto dipende dalla prospettiva.

Se sapessimo di avere quasi mezzo minuto in più nella nostra vita, che cosa faremmo? Probabilmente nulla. Ci scivolerebbe – comprensibilmente – addosso come un granello di sabbia nell’infinità di secondi che compongono la nostra vita.

E se non fosse così? In 27 secondi si può prendere una decisione che cambierà per sempre la nostra vita. Si può scegliere di salire su quel treno o di restare fermi sulla banchina, di scendere di corsa dall’aereo che ci avrebbe portato dall’altra parte del mondo mentre la nostra felicità, in fondo, è sempre stata lì davanti ai nostri occhi. In 27 secondi ci si può inginocchiare e giurare alla propria metà amore eterno. Si può dare inizio a una nuova esistenza. Si può accettare o rifiutare il lavoro della vita. Si può dire un sì o un no che cambia tutto.

Sarebbe bello poterli raccogliere uno a uno, questi 27 secondi che ci siamo persi per strada. Prima che anche l’IERS inverta la sua rotta e il secondo intercalare non cominci a essere sottratto invece che aggiunto. Negli ultimi decenni, infatti, la Terra ha cominciato a girare intorno al proprio asse sempre più velocemente, fino al 19 luglio 2020, il giorno più breve della storia. Secondo gli scienziati, se la tendenza dovesse essere confermata, l’aggiustamento degli orologi tramite il leap second potrebbe iniziare ad avvenire per sottrazione invece che per aggiunta.

Sarebbe bello, dicevamo, inanellare questi 27 secondi in un mezzo minuto a credito da spendere quando meglio pensiamo. Per stare mezzo minuto in più a osservare un tramonto o accanto a chi amiamo. Per dire le parole che non abbiamo mai detto, per ammettere i sentimenti che non abbiamo mai ammesso, per prendere le decisioni che non abbiamo mai preso. Per smettere, anche solo per mezzo minuto, di sprecare il tempo che ci è concesso.