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Anziano morto in una voragine: forse è colpa di un malore

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Un anziano di 87 anni è morto dopo essere caduto in una voragine che si è aperta nel quartiere San Fruttuoso di Genova.

Un anziano di 87 anni è stato trovato morto in una voragine a Genova: la buca si era creata durante le grosse alluvioni verificatesi nel 2016, successivamente a causa di pendenze giudiziarie tra privati e comuni, la buca non è mai stata chiusa.

La vicenda

La tragedia che ha portato alla morte di Emilio Quinto, un’anziano di 87 si è verificata nel quartiere San Fruttuoso di Genova. A dare la notizia sono stati gli abitanti del quartiere, che hanno notato il corpo dell’uomo nella voragine. La polizia, che sta già conducendo le indagini, ipotizza che l’uomo sia caduto nella buca a causa di un malore.

La voragine sembra essersi aperta nel 2016, in seguito alle precipitazioni copiose cadute proprio in quel periodo. Il tratto di strada di via Berno però presentava delle criticità già negli anni passati, il viadotto è stato costruito ai margini della tombinatura del rio delle Rovare, dove si erano verificati dei cedimenti all’asfalto. La procura ha così deciso di aprire un’indagine con l’ipotesi di omicidio a carico di ignoti. La prima ipotesi, portata avanti dagli investigatori, è quella che l’uomo potrebbe essere uscito di casa per chiedere aiuto dopo essere stato colpito da un malore ed essere così precipitato nella voragine transennata.

Problemi burocratici

La situazione disastrosa di Via Berno, strada privata, era ben conosciuta sia dai privati sia dal Comune di Genova. Nel 2000 sono iniziate le battaglie legali consegnate al Tar. La motivazione principale delle battaglie burocratiche sembra essere stata l’esplosione della tombinatura che ha causato il crollo del suolo stradale nel 2011. I cittadini hanno portato avanti vari ricorsi: una causa riguarda il ricorso di una cittadina presentato nel settembre del 2000 contro il Comune di Genova e nei confronti del consorzio utenti di via Berno e di un condominio della stessa via per annullare il provvedimento che prevedeva la ricostruzione del tratto di canalizzazione per eliminare il pericolo per l’incolumità pubblica. Il Tar della Liguria aveva respinto la richiesta di sospensiva; il dibattito era stato dichiarato chiuso nel 2012. Nel 2014 la stessa donna, insieme ad altri due privati aveva presentato un nuovo ricorso al Tar.

Diventa difficile sciogliere questa intricata matassa di colpe e responsabilità, certo è che la situazione delle strade pubbliche, la cura degli argini dei fiumi dovrebbero essere punti centrali nei programmi delle amministrazioni comunali. Queste sono questioni che riguardano l’intera comunità e non possono essere sottovalutate. La tragedia di Emilio Quinto poteva forse essere evitata.