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Caro benzina, Urso dice no al taglio delle accise: "Gli aumenti sono colpa dell'Opec"

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Il ministro Urso spiega perché la soluzione contro il caro benzina non può essere il taglio delle accise

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha parlato del caro benzina e delle possibili soluzioni, eliminando dalla lista una delle più chiacchierate: il taglio delle accise. “Questa soluzione” – spiega Urso – “Fu adottata dal governo Draghi in un momento eccezionale.”

Caro benzina, le parole del ministro Urso: “No al taglio delle accise”

“Il governo Meloni ha preferito utilizzare quelle risorse per il taglio del cuneo fiscale, per i salari più bassi e le famiglie più numerose – chiarisce Urso in merito al tanto discusso possibile nuovo taglio delle accise, facendo un parallelo tra la situazione italiana di oggi e quella che c’era quando al governo c’era Mario Draghi. Ma se la soluzione al caro carburanti non è questa, allora quale può essere? In Italia abbiamo il costo industriale di benzina e diesel più basso d’Europa, molto più di Germania, Francia e Spagna” – spiega ancora Urso a ‘Repubblica’ – Dovrebbe giocare anche nel caso dei carburanti un ruolo da protagonista. Come è avvenuto per il gas, quando il presidente Draghi ha proposto un price cap oltre il quale i paesi Ue non avrebbero più acquistato la materia prima, provvedimento poi attuato con il governo Meloni.”

Il ruolo dell’Opec

Prosegue, poi ancora Urso spiegando i motivi dietro ai rincari: “I prezzi dei carburanti hanno cominciato a salire da quando l’Opec, il cartello dei paesi arabi alleati con la Russia, ha cominciato a tagliare la produzione per far salire i prezzi del barile. Un aumento che si scarica sul consumatore.” Urso ha chiarito che l’obiettivo del governo attuale è quello di impegnare i fondi che sarebbero serviti per il taglio alle accise in aiuti per le famiglie, una strategia che sarebbe apprezzata anche all’estero: “I grandi fondi di investimenti dicono che l‘Italia è il Paese ideale su cui investire in Europa. Siamo considerati virtuosi addirittura dalle agenzie di rating che oggi promuovono l’Italia e bocciano gli altri Paesi.”