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Compravendite di case in calo del 15%, diminuiscono anche i mutui concessi: la colpa è dei prezzi troppo alti

Compravendite in calo Italia

Contrazione nel mercato immobiliare in Italia: le compravendite e i mutui concessi sono in calo. Costa sta succedendo nella penisola?

Le compravendite di case sono in calo del 15%: allo stesso tempo, anche i mutui concessi in Italia stanno diminuendo. Il trend registrato rappresenta una conseguenza dei prezzi troppo alti imposti dal mercato immobiliare non solo a Milano ma in tutta Italia.

Compravendite di case in calo del 15% in Italia, diminuiscono anche i mutui concessi

Il calo del giro d’affari che riguarda la compravendita di case nel 2023 potrebbe registrare un calo di circa 18 miliardi di euro. Alla cifra, poi, bisogna aggiungere la mole di denaro che gira intorno ai passaggi di proprietà ossia compensi a notai e agenzie immobiliari, ristrutturazioni, acquisti di mobili e così via. Inevitabilmente, un simile scenario determina minori entrate fiscali. In particolare, secondo le previsioni di Nomisma sul calo del fatturato, nel 2023 si registrerà una diminuzione delle transazioni residenziali del 14,6% rispetto al record del 2022, passando da 784 mila a 670 mila euro. Mentre il calo del giro d’affari complessivo ammonterà a 18 miliardi di euro.

Per Nomisma, nel 2023, il calo delle erogazioni di mutuo è destinato a scendere del 18,3%, passando da 54 a 44 miliardi di euro.

Rimarcando che i due fenomeni sono tra loro correlati, l’ad di Nomisma Luca Dondi ha spiegato: “Le compravendite caleranno un po’ meno dei mutui perché c’è una porzione di acquirenti che con i tassi bassi fino all’anno scorso si sarebbero indebitati pur potendo comprare per contanti, questo è il caso tipico di chi compra una seconda casa o un immobile da investimento”.

In un simile scenario, anche nel 2024, le erogazioni e le vendite diminuiranno rispettivamente del 4,1% e dello 0,3% per poi recuperare nel 2025 e tornare ai livelli del 2023.

Il sondaggio sulle vendite e il problema degli affitti

Rispetto al calo delle domande di muto dall’inizio del 2023, sono già disponibili dati consolidati ossia quelli diffusi dalla centrale rischi Crif. Il calo, in questo caso, è dato al 25,5% delle richieste di finanziamento. Per quanto concerne le compravendite, invece, nei prossimi giorni verranno diffusi i dati dell’Agenzia delle Entrate sulle transazioni del primo semestre dell’anno in corso. L’Erario, nel sondaggio trimestrale realizzato insieme a Banca d’Italia e Tecnoborsa presso i mediatori professionali, ha evidenziato chiari segnali di deterioramento della congiuntura. Il dato più importante riguarda il fatto che le oltre 1.400 agenzie intervistate hanno riferito che almeno un potenziale acquirente su tre si è visto rifiutare l’accesso al mutuo.

Tra le motivazioni che stanno facendo registrare un’inversione di tendenza nel settore immobiliare, possono essere individuati due fattori principali. In primis, i tassi sono saliti tra i tre e i quattro punti in appena un anno: in questo modo, la rata di reddito minimo necessario per essere giudicati bancabili si è alzata di quasi il 40%. Poi, con il mutuo a tasso fisso che costano cinquanta centesimi meno dei variabili, la maggioranza dei potenziali debitori pota appunto per il tasso fisso. Le banche, tuttavia, sono ben consapevoli che i mutui fissi stipulati al momento attuali e dati a circa il 4%, quando la situazione si calmiererà, i tassi saranno surrogati. Di conseguenza, gli istituti di credito procedono con cautela.

L’impossibilità di ricevere un muto comporta un aumento di richiesta di case in affitto. Trend che si scontra con la carenza di offerta, specie nelle grandi città. gli investitori evitano le locazioni di lunga durata per questioni fiscali e per evitare il pericolo di inadempienza dell’inquilino.

In un simile scenario, secondo il sondaggio condotto, la maggior parte delle agenzie intervistate ha espresso la convinzione che i prezzi di vendita non si abbasseranno nel breve periodo. Anche Nomisma ne è certa. “Con i livelli attuali di inflazione una stabilità nominale dei prezzi equivale a una perdita reale del valore degli immobili”, ha detto Dondi.