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'Ndrangheta in Emilia Romagna, le mani dei Grandi Aracri sul caporalato

Ndrangheta in Emilia

Il sistema, gestito dalla famiglia di Francesco Grande Aracri, prevedeva lo sfruttamento degli operai italiani nei cantieri del Belgio.

Nel mirino dell’inchiesta Grimilde è finita la famiglia di Francesco Grande Aracri, i cosiddetti “Grandi Aracri”, simbolo dell’infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Tra le attività controllate dal clan compare anche quella di un vero e proprio caporalato con invio della manodopera dalla regione a Bruxelles e sfruttamento degli operai, informa Il Fatto Quotidiano.

Operai a Bruxelles

Una vicenda che ricorda da vicino quanto accaduto già nel 2012, nel momento della ricostruzione dopo il terremoto, e rivelato dall’inchiesta Aemilia. Questa volta, a partire alla volta del Belgio sono stati decine di disoccupati, bisognosi di un lavoro. I Grandi Aracri li hanno reclutati in Emilia Romagna, in un periodo compreso tra il 2004 e il 2018, facendoli assumere, ma solo formalmente, da un’impresa fiorentina. Una semplice copertura dietro alla quale si celavano collegamenti garantiti da Mario Timpano, uno degli indagati nell’inchiesta. Dall’altra parte d’Europa, a Bruxelles, i lavoratori erano accetti da Davide Gaspari, ora agli arresti domiciliari.

Il compenso per il loro lavoro nei cantieri della capitale belga era da fame, senza contare che un terzo di esso finiva nelle tasche della ‘ndrangheta. Emblematico è il caso di Francesco Sciano, operaio che ha guadagnato 675 euro per 100 ore, in contanti e senza busta paga, senza alcun versamento dei contributi né aiuto nel pagamento del vitto nelle settimane di lavoro.

La Vigna Dogarina

I Grandi Aracri hanno messo le mani anche su un’altra attività, quella dell’azienda Vigna Dogarina Srl di Treviso. Qui il clan ha sottratto vino per centinaia di migliaia di euro che però non saranno mai versati. Come nel caso del milione di bottiglie di prosecco portate via alla Vigna nel 2013, mostrando una fideiussione per tre milioni di euro emesso dalla Banca Barclays, ma successivamente rivelatasi falsa.