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Dieci anni di 5 Stelle: cos'è rimasto del Movimento?

dieci anni del m5s

In 10 anni il Movimento 5 Stelle ha mantenuto alcuni valori e conosciuto parecchi cambiamenti, facendo della mutabilità il suo punto di forza.

Che cosa rimane di quell’energia che, una domenica di 10 anni fa, stava dentro al milanesissimo Teatro Smeraldo? Era il 4 ottobre 2009: nel giorno di San Francesco d’Assisi nacque il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, il fondatore che dal palco annunciava un nuovo movimento destinato a rivoluzionare la politica italiana, ha creato un proprio sito, è tornato a cercare di riempire i teatri come una volta ed è sempre più defilato dalle vicende del partito; Luigi De Magistris e Sonia Alfano, allora seduti in prima fila e acclamati come i politici da appoggiare in Europa, hanno continuato la politica in altri partiti, ostracizzati dallo stesso Movimento; i 2 mila attivisti che sedevano dietro di loro, quasi tutti membri dei Meetup creati da Grillo e Casaleggio, hanno seguito strade diverse. Alcuni hanno abbandonato il Movimento, altri sono stati espulsi, altri ancora hanno fatto carriera all’interno delle istituzioni.

Dieci anni di M5S: cos’è rimasto?

Il programma che quella domenica venne esposto era un manifesto contenente 12 punti di buona amministrazione, per lo più cittadina. Parlava di «Acqua pubblica», «Espansione del verde urbano», «Trasporti pubblici non inquinanti», «Rete di piste ciclabili cittadine», «Creazione di punti pubblici di telelavoro», «Rifiuti zero», «Incentivi alle produzioni locali». Oggi, è una reminiscenza superata dal successo a livello nazionale, uno scritto anacronistico per il primo partito d’Italia che decide chi siede a Palazzo Chigi.

Una dopo l’altra, le promesse sono diventate prima slogan da ripetere stancamente, poi refrain da tirare fuori in caso di emergenza per la mancanza di altre argomentazioni. In questi 10 anni, il Movimento 5 Stelle ha cambiato in successione tutte le sue battaglie, facendo della “fluidità di pensiero“ la cifra del suo successo.

Il partito si poneva a strenuo difensore dell’ambiente; ha fatto un bagno di realtà “inquinata” nella vicenda Tap e Tav. Parlava di accogliere tutti i migranti; si è dimostrato uno dei più convinti nel volerli lasciare in mezzo al mare. “Difendeva” la Costituzione contro il Referendum di Renzi; ha cercato di chiedere l’impeachment per Mattarella. Si scagliava contro l’immunità ai politici; ha votato contro l’indagine per l’alleato Salvini. Difendeva la trasparenza dei partiti; ha finito per fare le assemblee disattivando lo streaming. Si fondava sulla democrazia diretta; ha espulso con dei post scriptum decine di parlamentari che osavano criticarne il vertice. Proibiva le alleanze; si è alleato prima con la Lega e poi con il Pd.

Non è stato ovviamente solo questo, il “motivo” del suo successo. Il Movimento è stato coerente con i due valori che più stavano a cuore ai suoi elettori e che ne costituivano in parte la cifra fondante: la battaglia contro i “privilegi della casta” (mai venuta meno) e l’onestà, garantita anche attraverso l’espulsione immediata di coloro che avevano tradito il patto sulle restituzioni dello stipendi.

Ma soprattutto, ha sempre saputo ascoltare i suoi elettori, sia online che nelle piazze. Lo ha fatto attraverso i volti sempre nuovi, che hanno sostituito quelli più “ingenui” presenti al Teatro Smeraldo: volti più scafati con i social (come Alessandro Di Battista), più ambiziosi con i colleghi (come Luigi Di Maio) e più abili con i media (come Rocco Casalino). Questo è stato il Movimento 5 Stelle: “Un Movimento lento, ma inesorabilmente vincente”, come disse Grillo quel giorno dal palco. Ma anzitutto un Movimento: una cosa che si muove sempre, a seconda del flusso più propizio, finendo col riconoscersi solo nella propria mutabilità.