> > Coronavirus, il Sud Italia contro i parenti che fuggono dal Nord

Coronavirus, il Sud Italia contro i parenti che fuggono dal Nord

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Parenti contenti da un lato ma timorosi e preoccupati dall'altro. Il Coronavirus spacca l'Italia e le famiglia italiane: sempre maggiore il panico.

“Siete venuti ad infettarci?”. Queste le parole più quotate nelle ultime 48 ore. Il Coronavirus genera nuovi timori e l’ira dei parenti non tarda ad arrivare. C’è chi è felice di rivedere i proprio cari, chi sconcertato dalla loro irresponsabilità.

L’ira dei parenti: il Coronavirus crea il caos anche a casa

Forte è l’esodo che giovani e non hanno fatto nelle ultime ore. Dal Nord al Sud, paradosso quasi esilarante, in numerosi sono ricorsi a treni e pullman di fortuna per tornare nelle città natali del meridione. Certo, i parenti stretti non possono che essere contenti del ritorno a casa dei figli, ma gli altri come la stanno prendendo?

Fino a pochi giorni fa tornare a casa sarebbe stata una festa, ma oggi la visuale è completamente cambiata. Se vieni da Milano, dal lodigiano o da tutta la zona rossa, non c’è nulla che tu possa dire per tranquillizzare il vicinato: la paura ha oramai avuto la meglio! “Sei scappato da Milano eh? Vieni qui ad infettare noi? Irresponsabile! Vergogna!”. Da ieri queste le frasi più quotate sui social, e anche di persona se possibile. Le stazioni di Milano, in particolare quelle di Centrale e Garibaldi, nella tarda sera del 7 Marzo sono state prese letteralmente d’assalto da studenti e lavoratori fuori sede. Ma fatto salvo per i genitori, felici di riavere i figli a casa, tutti gli altri sono in rivolta.

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I social come campo di battaglia

Su Twitter il giovane Leonardo (@leo_Thewall) racconta l’arrivo di suo cugino. Il fuori sede palermitano è sceso da Milano nella notte di sabato ed il padre di Leo, per sicurezza, lo ha salutato da lontano. Così anche Em (@SUHOLY), che sempre da Twitter da del “deficiente” al cugino e del “deficiente al quadrato” allo zio che lo ha accolto in casa. Insomma, una faida tra famiglie oltre che tra compaesani. E se dalla Sicilia a twittare sono due giovanissimi, dalla Calabria Agankure (@AganKureAKAcSen) riporta letteralmente le minacce fatte al vicino di casa che risiede in Lombardia, ma anche proprietario di un immobile poco distante dall’abitazione dei suoi suoceri. Meridionali contro meridionali o più semplicemente meridionali contro tutti?

L’ira dei parenti non si placa

I “fuggiaschi” del sabato sera milanese, sono quindi partiti spaventati ed arrivati ancora peggio. I controlli pare siano comunque stati fatti e le segnalazioni ai numeri verdi in continuo aumento. Irresponsabilità forse, ma anche buon senso. A Casera e a Matera i Flixbus sono stati fermati e identificati dalla Polizia di Stato. I passeggeri sono stati controllati dai volontari della Croce Rossa ed invitati alla quarantena fiduciaria o obbligata se avessero presentato una temperatura maggiore a 37.5. Stessa sorte per i viaggiatori dell’Intercity notte, veterano compagno degli spostamenti dal nord al sud Italia sin dagli anni ’70. Ma questo non basta. Sotto i profili Facebook e Twitter dei governatori regionali, i cittadini propongono soluzioni pratiche al problema della fuga. Marco Scarabbaggio scrive: “Fateli venire in Puglia però lasciateli sul treno in quarantena”. E @suxior (nome in codice: MancoMorta) continua “Se mia sorella scappasse da Milano e si presentasse a casa mia, a parte una serie infinita di schiaffi, la chiuderei subito in cantina perché se la scoprissero darebbero fuoco alla casa con noi dentro”.

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Forse messa così sembrerebbe un po’ esagerata, ma sicuramente la paura di essere contagiati sta avendo la meglio sulla ragione. Molti sono quelli che nelle ore passate sono partiti, ma altrettanti coloro che sono rimasti nelle zone rosse in quarantena volontaria. Si tratta, forse, di una scelta personale, che dovrebbe essere unita ad una buona dose di buon senso. Buon senso che però dovrebbe venire da entrambe la parti. Diamo fiducia a chi scende a casa, forse banalmente spaventato, e cerchiamo di collaborare in nome del tanto nominato ‘bene comune’.