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Coronavirus, truffa per 24 milioni di mascherine: arrestato imprenditore

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Truffa lo Stato per 24 milioni di mascherine, arrestato imprenditore che speculava sull'emergenza coronavirus.

Un imprenditore di Cassino di 42 anni, Antonello Ieffi, è stato arrestato per truffa allo Stato per aver approfittato dell’emergenza coronavirus e essersi aggiudicato un appalto da oltre 15 milioni di euro per la fornitura di 24 milioni di mascherine. L’uomo è accusato di turbativa d’asta e inadempimento di contratto pubblico in quanto aveva messo in piedi un’operazione per aggirare le norme e partecipare alla gara attraverso una ditta-schermo del tutto incapace di assicurarsi la merce e consegnarla agli ospedali nei tempi richiesti. Senza nemmeno i soldi per pagarla. Inoltre, una volta perso l’appalto dopo la denuncia della Consip, l’uomo si stava organizzando con un’altra società-fantasma per aggiudicarsi un’altra gara pubblica: oltre 64 milioni per altro materiale sanitario. Questa mattina, giovedì 9 aprile, è arrivato l’arresto da parte degli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma.

Arrestato imprenditore per truffa di mascherine

Il 12 marzo scorso la società Biocrea (di cui Ieffi era titolare fino al 19 febbraio, quando ha ceduto le quote alla quarantenne Stefania Verduci, indagata per gli stessi reati, attraverso una vendita che l’accusa ritiene fittizia) ha vinto la gara per la fornitura di oltre 24 milioni di mascherine, per l’importo complessivo di 15 milioni e 800.000 euro, avanzando l’offerta più vantaggiosa. Con l’obbligo di fornire i primi 3 milioni di esemplari entro 3 giorni dall’ordine, e cioè il 16 marzo. In questo difficile momento di emergenza sanitaria lo Stato ha dovuto inserire delle procedute speciali per le forniture mediche agli ospedali. Per questo i criteri di assegnazioni degli appalti sono sostanzialmente due: il tempo e la capacità di consegna.

Il piano per la truffa delle mascherine

Per un evento fortuito dunque l’imprenditore di Cassino è riuscito a vincere l’appalto, ma, visto la sua è sostanzialmente un’azienda agricola, viene da se come la distribuzione di tutto quel materiale medico possa essere stata un impegno molto gravoso. Il 16 marzo le prime sollecitazioni da parte della Consip, alle quali Ieffi rispondeva sempre con delle scuse. C’era ad esempio un volo, della Asiana cargo, che sarebbe dovuto partire dall’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun con destinazione Malpensa. Poi la lettera scritta da Ieffi stesso al Ministro degli Esteri Di Maio nella quale chiedeva aiuto “per la soluzione di una non meglio precisata problematica legata all’importazione delle mascherine”, si legge nei verbali. Gli accertamenti della Consip hanno poi rivelato che la società venditrice era una ditta indiana, raggiunta con l’intermediazione di due società (una con sede legale in Qatar) di cui era socio lo stesso Iezzi. Il ritardo nella consegna del materiale era stato poi giustificato con l’impossibilità di poter pagare i fornitori per motivi di forza maggiore, ovvero sia le autorità del Qatar gli avevano bloccato i conti correnti. A quel punto è stato disposta una verifica attraverso l’Agenzia delle Dogane da cui è emerso che all’aeroporto di Guangzhou Baiyun non c’era traccia delle mascherine promesse.

L’arresto per truffa e turbativa d’asta

Dopo l’ennesima scusa e l’evidenza della truffa, la Consip ha revocato l’appalto all’imprenditore di Cassino e sporto denuncia alla Procura di Roma che in tempi rapidi è riuscita ad arrestare l’uomo, scoprendo molti altri retroscena controversi legati all’uomo. Ad esempio l’azienda Biocrea aveva alle spalle delle violazioni tributarie per oltre 150.000 che, se emerse, avrebbero escluso la ditta dalla gara. E la cessione fittizia delle quote a Stefania Verucci era solo una copertura per occultare l’esistenza di indagini per truffa e turbativa d’asta a carico dello stesso Ieffi. Inoltre, due soci dell’imprenditore in una delle società di intermediazione sono risultati coinvolti in procedimenti per spaccio di stupefacenti e riciclaggio aggravato dal favoreggiamento alla mafia. Tutti fattori questi che hanno aggravato la posizione dell’uomo costretto al carcere.

Per il giudice: “l’indagato ha partecipato alla gara per forniture urgenti per la pubblica amministrazione non solo non avendo ancora la disponibilità delle merci da consegnare, ma anche in questo caso senza avere ancora in mano impegni contrattuali idonei a garantirla nei tempi ristretti richiesti. Provando a essere riammesso falsificando carte, e ancora una volta attraverso una società risultata una scatola vuota, senza alcuna capacità di procurarsi in tempi rapidi i materiali né le strutture per procedere ai pagamenti necessari”.