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Venezia ai tempi del Coronavirus: fotografie di una città mai vista

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Venezia ai tempi del Coronavirus si mostra come una città inedita, ritratta in fotografie che rivelano calle deserte e acque limpide.

Ai tempi del Coronavirus Venezia si mostra come una città inedita, ritratta in fotografie che svelano uno scenario mai visto. Ma allo stesso tempo ricorda anche una storia antica, spiega il foto-giornalista Andrea Pattaro, come quella raccontata da Thomas Mann nel 1912 nel romanzo “La morte a Venezia”. La storia di Gustav von Aschenbach, scrittore di successo in viaggio nella città veneta, che si trova in una Venezia colpita dal morbo della peste. Insomma, una città deserta, con calle desolate e canali dalle acque limpide.

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Coronavirus, fotografie di una Venezia mai vista

Le fotografie di Venezia ai tempi del Coronavirus raccontano una città mai vista: deserta, silenziosa, con le calle spopolate e le acque dei canali limpide. “Mai come in questo momento, la fotografia si rivela essenziale nel mondo dell’informazione.

La fotografia non mente, ti mette a confronto con la realtà, la realtà surreale che stiamo vivendo a causa di questo virus proveniente da terre lontane”, scrive il foto-giornalista Andrea Pattaro. Dove prima c’erano turisti sgomitanti, affollati per fotografare questo o quell’edificio, ora ci sono piazze deserte e calle silenziose.

Nei canali, vicino alle caratteristiche gondole immobili ormai da settimane, è tornata la fauna caratteristica, come i cormorani che pescano nelle acque tranquille. “Ti ritrovi a fotografare i canali limpidi“, continua Pattaro, “mai visti tanto limpidi, nemmeno da bambino”. Il fotografo diventa così un testimone esclusivo di questi scenari, “senti il rispetto per la tua città, la vivi in modo diverso, forse indimenticabile ed irripetibile”, racconta Pattaro.

Quella del fotografo diventa una figura fondamentale non solo in quanto veicolo di informazione attraverso la stampa, ma anche come responsabile dell’impatto terapeutico che può avere la fotografia. Perché fotografare “tiene in contatto te con le persone”, spiega ancora il foto-giornalista. Diffuse attraverso i social, inoltre, le fotografie diventano un sostegno per le persone costrette a casa dalle misure anti-contagio.

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La fotografia come contatto

Attraverso la fotografia le persone si sentono più vicine alla propria città, “non lasciate sole”. “Questa è la potenza comunicativa della fotografia”, spiega Pattaro, “un linguaggio universale“. Universale perché l’immagine supera le barriere doganali e linguistiche.

Il foto-giornalista conclude così la sua riflessione: “È molto probabile che dopo questo evento epocale non saremo più gli stessi, perderemo la stima in qualche amico, rafforzeremo vecchie amicizie, ma la fotografia rimarrà fondamentale per riconoscere noi stessi e poter guardare in direzione diversa“.