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Fase 2, l'ira dei vescovi per la mancata riapertura delle Chiese

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Fase 2, le Chiese non riaprono ancora se non per celebrare funerali. L'ira dei vescovi che si scagliano contro il Governo Conte.

Fase 2, le chiese non riaprono e i vescovi si infuriano. È scontro tra la Cei e il Governo Conte dopo l’emanazione del nuovo Dpcm che consente l’apertura delle chiese solo per i funerali (che verranno celebrati in modalità ridotta). Da una settimana le tensioni tra area governativa e area ecclesiastica sono aumentate a vista d’occhio: con il rallentare della curva dei contagi e i primi segnali di un allentamento dell’emergenza, una serie di prese di posizione, si sono registrate le dichiarazioni del sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana Ivan Maffeis che da “Avvenire” chiedeva che si riprendesse l’esercizio pubblico dell’umana pietà per i morti, e dell’accoglienza alla vita per i neonati. Funerali e battesimi, per ricominciare a vivere. Se non addirittura la ripresa, con modalità da approfondire, delle funzioni domenicali.

Fase 2, caso Chiese: è polemica

Anche Papa Francesco, il 17 aprile, è intervenuto a riguardo. Durante una messa in streaming da ‘Santa Marta’ ha affermato che: “Così non è Chiesa” ed “è un pericolo” celebrare la messa senza popolo. Certo, per via del “momento difficile” si può accettare la misura di emergenza, ma guai a “viralizzare la Chiesa, i sacramenti, il popolo”. Insomma, al momento va bene “per uscire dal tunnel, non per rimanere così”. Sono seguiti giorni di trattative delicate e serrate, perché l’opinione del governo Conte è stata sempre quella di evitare il più possibile una seconda ondata, proprio ora che la curva è decrescente e si può immaginare un lento ritorno alla normalità. Quindi domenica sera il nodo è venuto al pettine, con Palazzo Chigi che apre sono in minima parte, accedendo solo – ed in modo riduttivo – alla richiesta sui funerali.

“Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale”, scrive immediatamente Avvenire in un editoriale del direttore, Marco Tarquinio. “Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”, aggiunge, e con questo chiude i discorso.

Il Governo corregge il tiro?

Poi il colpo più duro: la lunga nota di protesta della stessa Cei, dai toni quasi ultimativi. Al governo italiano quasi si rinfacciano le prese di posizione pubbliche in materia, registrate nei giorni scorsi. “Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”, si sottolinea, “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”. E si aggiunge: “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.


La risposta del Governo non si fa attendere e annuncia che: “Si prende atto della comunicazione della Cei e si conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte”. Poi l’aggiunta: “Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”. Come dire: ora vedremo di sistemare. Basterà? i siti legati alla Chiesa italiana e al Vaticano non sembrano ansiosi di registrare la frenata, sincera o meno che sia.