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Coronavirus, direttore Aifa: "Ho preso il virus per imprudenza"

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Il direttore dell'Aifa, positivo al coronavirus, racconta la sua esperienza: "Ero senza mascherina, sono stato imprudente"

Le temperature autunnali contribuiscono alla diffusione del virus, certo, ma uno dei fattori fondamentali che favorisce la circolazione del coronavirus è la mancanza di attenzione e di igiene. Proprio la sua imprudenza è costata cara al direttore dell’Agenzia italiana del farmaco, che è risultato positivo al coronavirus.

Direttore Aifa: “Ho avuto il coronavirus”

“Ho avuto il Covid, sono stato ricoverato per 12 giorni in isolamento, ho contagiato mia moglie, ma per fortuna non i miei collaboratori. So dunque di cosa parlo”. Sono le parole di Nicola Magrini, direttore dell’Aifa, risultato positivo al virus. In un’intervista al Corriere della Sera, Magrini racconta della sua esperienza con il coronavirus, che ha preso, probabilmente, per mancanza di attenzione. “Non ho mai temuto di finire in terapie intensiva, ma aver visto il peggioramento improvviso di persone a me vicine mi ha fatto capire quanto sapessimo poco del virus e quanto vada temuto – racconta Magrini -. Credo di essere stato contagiato a Bologna da un medico, mio conoscente. Era marzo. Poiché la settimana successiva avrei dovuto vedere il ministro Speranza sono andato in ospedale per un tampone. Dopo il prelievo mi sono fermato a parlare in corridoio con il mio amico medico, ambedue senza mascherine per alcuni minuti. Lui il mercoledì ha saputo di essere positivo e io il venerdì ho avuto febbre e qualche sintomo. La domenica, dopo un nuovo tampone, positivo anch’io. Lo riconosco, sono stato imprudente”.

Magrini: “Preso coronavirus per imprudenza”

Il direttore dell’Agenzia italiana del farmaco racconta la sua esperienza con il coronavirus, e il periodo di convalescenza. “L’unico vantaggio è stato di aver rifiutato un farmaco antivirale: avendo visto i risultati preliminari non intendevo assumerlo”. Per Magrini dopo sei mesi qualcosa è cambiato: “Ora sappiamo che il cortisone è il cardine delle cure, è provato che riduce la mortalità. Un secondo pilastro è l’eparina -continua il direttore -. All’inizio del prossimo anno arriveranno gli anticorpi monoclonali, opzione preziosissima. Il plasma iperimmune non si sa ancora se funziona, neppure negli Usa dopo oltre 4 mila pazienti trattati. Quanto al remdesivir, servono nuovi studi”.