> > Coronavirus in Italia, anche la cultura si sta arrendendo

Coronavirus in Italia, anche la cultura si sta arrendendo

cenacolo di leonardo da vinci

Anche la cultura si sta arrendendo al Coronavirus: i siti più visitati d’Italia improvvisamente non sono più accessibili neanche dai turisti stranieri.

Oltre 130 musei, parchi archeologici, abbazie, chiese e templi chiusi, 400 spettacoli teatrali e concerti annullati: anche la cultura si sta lentamente arrendendo al coronavirus. Le disposizioni imposte nei territori, focolaio del contagio (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), vietano i grandi assembramenti in luoghi pubblici, con effetti devastanti su quella che è ormai un’industria a tutti gli effetti.

Basta guardare i dati per accorgersene. Partendo dai tesori culturali visitabili a pagamento (75 sui 130 al momento ‘off-limit’, come spiega Il Sole 24 ore), che nel solo 2018 hanno registrato l’ingresso di oltre 8 milioni di visitatori, per un incasso lordo di 30,8 milioni di euro. Parliamo di siti tra i più visitati d’Italia, che improvvisamente per la fobia del virus cinese non sono più accessibili neanche dai turisti stranieri.

Qualche nome? Il Cenacolo e Brera a Milano, Venaria Reale, Museo delle Antichità Egizie e Musei Reali a Torino, il Museo Archeologico e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, per esempio. A farsi portavoce del malcontento è stato Andrea Cancellato, presidente di Federculture, che in una lettera al ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha confermato che «gli effetti dell’allarme provocato dal diffondersi del contagio del Coronavirus nel nostro Paese si stanno abbattendo con particolare gravità sull’intero settore della cultura».

Non a caso il “terremoto coronavirus” si è propagato anche sul settore degli spettacoli dal vivo. Abbiamo parlato di 400 annullamenti, ma come si traduce questo in introiti mancanti? Per rispondere alla domanda viene in aiuto l’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), che sui dati Siae calcola una perdita di ben 10 milioni di euro. La domanda che a questo punto dobbiamo porci è: può questa fobia bloccare la cultura nel nostro paese?

Un comparto essenziale non solo per la nostra economia, ma per la nostra stessa qualità della vita, come giustamente ricorda Cancellato. Il rischio è che si arrivi a questo, per una malattia che non si sta rivelando più pericolosa dell’influenza, ma che in qualche modo è riuscita a farci entrare in un sistema di fobia incontrollata, come per tutte le cose che non conosciamo a fondo. Sarebbe necessario a questo punto ripensare questo modello di chiusura precauzionale, perché il danno si riflette inevitabilmente anche nelle zone non ancora colpite dal virus.

I tour (o le tournée in ambito teatrale) ne sono l’esempio più concreto: l’annullamento di uno o più concerti e spettacoli può riguardare una compagnia del centro Italia o del Mezzogiorno. Senza contare che anche in molte regioni non toccate dai focolai di contagio stanno venendo rinviate (e in alcuni casi cancellate) rassegne per la paura che il coronavirus possa scoraggiare il pubblico a partecipare. Come già stanno facendo gli operatori culturali, dobbiamo essere noi a lanciare un appello per evitare inutili allarmismi: non permettiamo al Covid-19 di bloccare i momenti di svago e crescita personale offerti dalla cultura in Italia.