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Maternità, dolore e rinascita: l’autobiografia di Sonia Bruganelli

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Sonia Bruganelli si racconta nella sua autobiografia: tra ostacoli, sofferenze e rinascita.

Sonia Bruganelli, imprenditrice e produttrice televisiva, si racconta senza filtri nella sua autobiografia Solo quello che rimane, trasformando il dolore in parola. Attraverso sette romanzi come spunti di riflessione, l’autrice ripercorre momenti intensi e drammatici della sua vita: l’aborto giovanile, la difficoltà di diventare madre, gli attacchi di panico e i disturbi alimentari che hanno segnato la sua esistenza.

In queste pagine, Bruganelli affronta le fragilità più intime, svelando come le ferite del passato possano condizionare il presente e spingere a una ricerca disperata di forza e perfezione.

L’autobiografia di Sonia Bruganelli: l’aborto e il matrimonio con Bonolis

Nel suo libro Solo quello che rimane, edito da Sperling & Kupfer e in uscita il 21 ottobre, Sonia Bruganelli sceglie di usare sette romanzi come chiavi per raccontare la propria vita. Tra questi, L’evento di Annie Ernaux diventa il punto di partenza per affrontare un tema doloroso: l’aborto vissuto a ventiquattro anni, quando stava con Paolo Bonolis da poco tempo.

Nelle pagine, l’autrice confessa che quella decisione ha segnato profondamente la loro storia, generando una catena di errori e di sensi di colpa: “Essere madre era sempre stato il mio sogno“, afferma, rievocando una ferita che l’ha accompagnata a lungo. All’epoca, Bonolis non si sentiva pronto e le disse “Io non me la sento“, una frase che lei comprese ma che lasciò un segno indelebile. La rabbia, maturata negli anni, si manifestò soprattutto quando lui parlava dei figli nati da un precedente matrimonio: Sonia si sentiva esclusa, “lacerata”, come se non fosse degna di condividere quella parte della sua vita.

Il matrimonio arrivò comunque, spinto da amore ma anche da ragioni più complesse. Poi nacque Silvia, una bambina affetta da cardiopatia, sottoposta a un intervento subito dopo la nascita. L’ipossia che ne seguì lasciò conseguenze imprevedibili e, come racconta Bruganelli, quello fu uno shock devastante. Travolta dal senso di colpa, convinse se stessa di essere stata “punita per aver rinunciato al primo bambino” e cadde in uno stato di prostrazione che la tenne a letto per mesi.

Per anni cercò di compensare quel dolore inseguendo un ideale di maternità perfetta e irraggiungibile, e riempiendo il vuoto con altri figli – Davide e Adele – senza riuscire, tuttavia, a sentirsi una madre “normale”. Solo più tardi comprese che il vero ostacolo non era la disabilità di Silvia, ma la propria difficoltà ad accettarla.

“Il problema non era lei ma io che non riuscivo a guardare mia figlia senza fare i conti con le mie proiezioni”.

L’autobiografia di Sonia Bruganelli: la rinascita, tra fragilità e consapevolezza

Nel tempo, Sonia ha riconosciuto di aver cercato rifugio nel lavoro e nelle apparenze per non mostrare la sofferenza:

Mi sono data allo shopping compulsivo e mi sono atteggiata a stronza perché nessuno pensasse che soffrivo”.

L’immagine della donna forte e cinica, secondo lei, era più efficace di quella di una madre incapace di gestire la quotidianità. La popolarità, amplificata dal suo legame con Bonolis, l’ha costretta a convivere con il giudizio altrui: essere “la moglie di” non è stato semplice. Con il tempo, tuttavia, è riuscita a imporsi come professionista, dando lavoro e stabilità a molte persone.

A un certo punto sono arrivati gli attacchi di panico, poi i disturbi alimentari, fino a un episodio che le ha cambiato la prospettiva: il figlio Davide, allora bambino, le aveva chiesto con innocenza “Mamma, ma tu muori?“. Quella domanda l’ha costretta a reagire, a chiedere aiuto, a curarsi.

Dopo la separazione da Bonolis, con cui dice di mantenere un rapporto sereno, è riuscita a ricostruire se stessa, anche grazie a un nuovo amore con il ballerino Angelo Madonia, “un uomo maturo e vero” che comprende la priorità dei suoi figli.

Oggi, Bruganelli afferma di aver compreso che la forza autentica non risiede nell’apparire invincibili, ma nella capacità di mostrarsi fragili e di chiedere aiuto:

La vera forza è sapere dire ‘non ce la faccio‘”.

 

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