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Dice lesbica alla collega, interviene la Cassazione: offesa punibile con il licenziamento

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Il licenziamento dell'autista che dice lesbica alla collega è stato legittimo per la Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione è intervenuta su un caso del 2020 affermando che è stato giusto licenziare un dipendente per aver offeso una collega in base al suo presunto orientamento sessuale. Si tratta di una discriminazione.

Dice lesbica alla collega, interviene la Cassazione: offesa punibile con il licenziamento

A distanza di tre anni la Cassazione ribalta il verdetto dei giudici della Corte d’Appello di Bologna, che avevano considerato eccessivo il licenziamento per aver dato della lesbica ad una collega. I giudici avevano anche condannato l’azienda a versare venti mensilità al dipendente licenziato in tronco.

La frase incriminata e la reazione dell’azienda

Torniamo indietro ed analizziamo i fatti. Un autista dell’azienda Tper, Trasporto passeggeri Emilia Romagna, rivolgendosi ad una sua collega disse: “ma perché sei uscita incinta pure tu? ma perché non sei lesbica tu?“, il tutto con fare irrisorio ed offensivo. L’azienda, dopo aver accolto l’esposto della dipendente, licenziò in tronco l’autista in quanto il suo comportamento era “gravemente lesivo dei principi del Codice etico aziendale e delle regole di civile convivenza“.

La decisione della Corte d’Appello di Bologna e il verdetto della Cassazione

L’autista fece dunque ricorso alla Corte d’Appello di Bologna e lo vinse. La Tper allora decise di fare a sua volta ricorso alla sentenza della Corte d’Appello di Bologna. La vicenda è finita dunque alla Corte di Cassazione che ha dato ragione all’azienda concludendo che la frase “come sei incinta tu? non sei lesbica?” non può essere considerata solo “una condotta inurbana” (definita così dai giudici bolognesi) ma è una vera “discriminazione” da sanzionare con il licenziamento in tronco.