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Il Covid uccide come il veleno del serpente a sonagli: lo studio sull'enzima del rettile

Covid

Una ricerca rivela: "Il Covid uccide come il veleno del serpente a sonagli". Il virus continua a provocare morti.

Il Covid ucciderebbe come il veleno del serpente a sonagli. A rivelarlo una ricerca dell’Università dell’Arizona, in collaborazione con la Stony Brook University e la Wake Forest University School of Medicine. Secondo lo studio pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, un enzima simile a quello del rettile sarebbe presente all’interno del coronavirus. Nella forma più grave del virus, esso riuscirebbe a fare sei morti su dieci. 

Covid come veleno del serpente a sonagli: il lavoro dei ricercatori

Gli scienziati hanno analizzato campioni di sangue di due coorti di pazienti malati di Covid-19. Una di centoventisette pazienti ricoverati presso la Stony Brook University tra gennaio e luglio 2020. Una seconda coorte indipendente di centocinquantaquattro campioni di pazienti raccolti tra gennaio e novembre 2020 sempre dalla Stony Brook e Banner University Medical Center di Tucson. Si è scoperto che l’enzima studiato dalla ricerca, denominato sPLA2-IIA ptrebbe essere la causa principale della mortalità dei pazienti. 

Covid come veleno del serpente a sonagli: le dichiarazioni di Floyd Chilton

Floyd Chilton, co-autore senior della ricerca pubblicata, ha detto, tramite alcune dichiarazioni riportate da Repubblica: “Quando l’enzima attivato circola ad alti livelli – in individui sani si trova in basse concentrazioni – ha la capacità di “triturare” le membrane degli organi vitali. Molti pazienti dello studio morti di Covid presentavano livelli troppo alti”.

Covid come veleno del serpente a sonagli, i ricercatori: “Grande sforzo per ottenere le coorti”

I ricercatori hanno specificato: “Si tratta di piccole coorti, è vero, ma è stato un grande sforzo ottenerle e tutti i parametri clinici sono associati da ciascun paziente in queste circostanze” e ancora: “A differenza della maggior parte degli studi ben pianificati nel corso degli anni, questo è avvenuto in tempo reale nel reparto di terapia intensiva”.