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Shakespeare: analisi del sonetto 116

Shakespeare

Il sonetto 116 di Shakespeare si presta ad una moderna interpretazione dell'Amore, nonostante resti un grande classico della letteratura inglese

I lettori moderni spesso si ritrovano ad ignorare i vecchi classici, come ad esempio Shakespeare, geniale compositore inglese. Oggigiorno è facile perdere di vista i vecchi capolavori: cogliamo l’occasione per riscoprire l’influenza di un genio moderno nel suo sonetto 116.

Il sonetto 116 di Shakespeare in un contesto moderno

I sonetti sono composizioni letterarie di 14 versi; spesso i primi otto sono una sorta di domanda o di argomento per una discussione, che viene sviluppata nei rimanenti 6 versi. Una breve poesia con un profondo significato e con una metrica geniale. Di seguito riportiamo il sonetto 116 di Shakespeare, un perfetto esempio di sonetto che introduce alla sua poesia.

Sonetto 116 – Shakespeare

Non sia mai ch’ io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è amore
se muta quando scopre mutamenti
o tende a svanire quando l’altro si allontana:
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benchè nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se labbra rosee e gote
dovran cadere sotto la curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

Analisi del sonetto

A una prima lettura, si può capire che il tema del sonetto sia l’amore. Un lettore attento avrà percepito che Shakespeare vuole definire il vero amore tra due persone. Analizzandolo, scopriamo significati contrapposti, possibili riferimenti biblici, le emozioni dell’autore.

“Non sia mai che io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli”

Forse è il verso del sonetto che confonde di più. Shakespeare inizia con una combinazione di parole che possono essere interpretate in vari modi.

Le prime due interpretazioni

La prima interpretazione è “Quando io o te siamo innamorati, non lasciare che qualcosa lo faccia vacillare”. Una seconda interpretazione spiega: “Non permettere che io metta in dubbio il tuo amore, se il tuo amore è vero”. La contraddizione di entrambe queste interpretazioni sta nei versi che seguono. Essi spiegano infatti come il vero amore non possa mai mutare. Quindi, come mai la poesia è preceduta da un avvertimento per il cambiamento di qualcosa che secondo la definizione di Shakespeare è immutabile?

La terza interpretazione

Dopo diverse riflessioni, si è presentata una terza opzione che probabilmente più si avvicina alla giusta interpretazione. Shakespeare non si rivolge ai suoi lettori, ma parla a se stesso, come spesso accade nei suoi sonetti. In questo contesto, il verso è quasi una supplica a se stesso o una preghiera a Dio. “Non permettere che un amore mutevole mi inganni, dammi la certezza che l’amore vero non permetta a se stesso di essere ostacolato”. In questo modo, Shakespeare segue l’apertura del sonetto con quello che è essenzialmente un promemoria a se stesso delle caratteristiche del vero amore.

I versi centrali

“Amore non è amore se muta quando scopre mutamenti”

“Se sei veramente innamorato, ciò non cambierà anche se sarà il tuo compagno a cambiare o se scoprirai altro su di lui”. Shakespeare, anche se romantico, ha un sentimento quasi melanconico, come se fosse stato disprezzato da un’amante e stesse cercando consolazione. Quasi un convincersi: “lei non significava niente, la nostra relazione non era vero amore. Questo è ciò che è vero amore.”

“O tende a svanire quando l’altro si allontana”

In contrasto con il verso precedente: se prima rimprovera la persona che perde interesse quando il suo amato cambia, questo verso dice “Il vero amore non cambia a dispetto delle persone o per riguadagnare l’affetto di un altro”.

La metafora

“Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella guida di ogni sperduta barca”

Si convince: l’amore è costante e infallibile. Come una stella, è il simbolo della perseveranza e della coerenza. Utilizza la metafora della tempesta paragonata ai periodi difficili nella vita di una coppia o in una relazione. L’amore è luce fossa e costante che guida.

“il cui valore è sconosciuto benchè nota la distanza”

Shakespeare parla del mistero dell’innamoramento. Nonostante si conosca l’estrazione sociale, la fama o la ricchezza di una persona, questi non sono elementi che indicano se potrai amarla o meno. Se accettiamo il fatto che Shakespeare parli a se stesso, otteniamo una visone più chiara di chi lo ha disprezzato. Forse una donna dell’alta società, o più probabilmente, una donna di estrazione e ricchezza inferiore, che lo abbia comunque disprezzato.

Cos’è l’Amore

“Amore non è soggetto al Tempo, pur se labbra rosee e gote dovran cadere sotto la curva lama;”

Queste parole ci confermano che Shakespeare sta parlando di un’amata. Nei versi precedenti manca un riferimento reale al tipo di amore che Shakespeare descrive. Senza la menzione di “labbra rosee e gote”, ci si potrebbe chiedere se Shakespeare stia parlando di un’amica o della madre. Questi versi invece rivelano che anche se la bellezza sfiorisce con il tempo, l’amore non diminuisce. Difficile che sia una dichiarazione di amore platonico.

I versi finali

“Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio”

L’ amore è senza tempo, per sempre, forte. L’amore vero affronta e supera qualsiasi problema. In una rilettura cristiana, si può paragonare al voto matrimoniale “Nella buona e nella cattiva sorte, finchè morte non ci separi”.

“se questo è errore e mi sarà provato io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.”

Shakespeare conclude in maniera originale, dicendo “ho ragione!”. Letteralmente, scrive: se potete provare che quello che dico è sbagliato, allora nessun uomo ha mai amato ne io ho mai scritto.

Note aggiuntive

Il sonetto 116 spicca per la sua bellezza e può essere interpretato come un omaggio alla prima lettera ai Corinzi 13:1. A tal proposito, ricordiamo che la Bibbia di Re Giacomo fu pubblicata proprio durante la vita di Shakespeare.