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Inchiesta Covid, archiviate dal Tribunale dei ministri di Brescia le posizioni di Conte e Speranza

Inchiesta Covid archiviate posizioni Conte Speranza

Archiviate le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza nell’ambito dell’inchiesta Covid: i dettagli.

Possono tirare un sospiro di sollievo Giuseppe Conte e Roberto Speranza: le posizioni dell’ex premier e dell’ex ministro della Salute nell’ambito dell’inchiesta Covid sono state archiviate. La decisione è stata annunciata dal Tribunale dei ministri di Brescia che ha respinto le contestazioni sostenute dalla Procura di Bergamo.

Inchiesta Covid, archiviate dal Tribunale dei ministri di Brescia le posizioni di Conte e Speranza

“La notizia di reato, per entrambi gli indagati, è totalmente infondata”. Così il Tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato la posizione dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza nell’ambito dell’inchiesta Covid incentrata sulla gestione della prima e più drammatica fase della pandemia che ha travolto l’Italia nel 2020. Con la decisione, è stata quindi accolta la richiesta presentata dalla Procura di Brescia guidata da Francesco Prete che, sollevando una serie di argomenti, ha di fatto smontato l’ipotesi accusatoria dei colleghi di Bergamo.

In particolare, il Tribunale dei ministri composto da civilisti e presieduto da Maria Rosa Pipponzi, presidente della sezione Lavoro, ha disposto l’archiviazione delle posizioni dell’ex premier e dell’ex ministro “perché il fatto non sussiste”.

“Non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogenie, quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia”. È quanto si legge nelle 29 pagine di archiviazione stilate dal Tribunale dei ministri.

La posizione di Speranza e il nodo del piano pandemico datato 2006

Focalizzandosi sulle contestazioni mosse nei confronti dell’ex ministro della Salute, nell’archiviare la posizione di Speranza, il Tribunale dei ministri di Brescia ha scritto: “Le omissioni e i ritardi descritti dalla nota di trasmissione della Procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali”.

“Al Ministro della Salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività. Non è stata ipotizzata, e non è comunque ravvisabile negli atti di indagine compiuti, alcuna interferenza del ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva (in particolare, non risulta che gli abbia indotto i dirigenti ministeriali a ritardare od omettere le azioni di sorveglianza epidemiologica, di sanità pubblica, di verifica delle dotazioni dei dispositivi medici e delle risorse necessarie a contrastare la diffusione virale nonché a curare i pazienti e, infine, di formazione del personale sanitario). In conclusione, deve essere esclusa la responsabilità penale dell’onorevole Roberto Speranza in ordine ai fatti ascrittigli”, si legge ancora nel documento redatto.

Il Tribunale, inoltre, ha anche sottolineato che il piano pandemico realizzato nel 2006 non era affatto adeguato ad affrontare la pandemia Covid. “Il Prof. Merler e il dott. Greco, tra gli autori del Piano del 2006, nelle sommarie informazioni da loro rese, si sono espressi in termini drastici circa l’inutilità di quel piano per affrontare la pandemia. Il ministro Speranza, quindi, lungi dal rimanere inerte, ha adottato le misure sanitarie propostegli dagli esperti di cui si è avvalso, che peraltro, a livello europeo, sono state tra le più restrittive. Infine, anche ove fosse astrattamente prospettabile, cosa che non è, il reato di epidemia colposa per condotta omissiva impropria, data la natura stessa della pandemia da Sars-CoV-2, che ha coinvolto l’intera umanità, sarebbe comunque irrealistico ipotizzare che la stessa sia stata cagionata, anche solo a livello nazionale, da asserite condotte omissive quali quelle contestate al ministro Speranza”, ha scritto.

Archiviate le posizioni di Conte e Speranza nell’inchiesta Covid: il ruolo dell’ex premier

All’ex premier e attuale leader del Movimento 5 Stelle, la Procura di Bergamo ha contestato la decisione di non istituire una zona rossa nella Bergamasca. Archiviando le accuse mosse a Conte, il Tribunale dei ministri di Bresci si è espresso in modo estremamente chiaro.

“Posto che non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all’imputazione, l’allora presidente del Consiglio Conte avrebbe dovuto decidere, circa l’istituzione della zona rossa, proprio il 2 marzo 2020, ossia non appena avuta informazione della situazione dei due comuni. Si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole perché non tiene conto della necessità per il Presidente del Consiglio di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall’istituzione della zona rossa. Ed infatti l’istituzione della zona rossa comporta il sacrificio di diritti costituzionali quali il diritto al lavoro, il diritto di circolazione, il diritto di riunione, l’esercizio del diritto di culto”, ha precisato.

Focalizzandosi sulla mancata istituzione della zona rossa, il Tribunale ha scagionato l’ex presidente del Consiglio da ogni accusa, asserendo: “Si tratta quindi di valutazioni che, per la loro gravità, non è esigibile e neppure auspicabile che vengano assunte senza un’adeguata ponderazione dei dati di conoscenza acquisiti, del loro grado di certezza e delle conseguenze derivanti dall’istituzione di una zona rossa – e ha concluso –. Sotto questo profilo la condotta ascritta all’allora presidente del Consiglio Conte di non aver esteso la zona rossa il 2 marzo 2020, sulla base di quanto quel giorno rappresentatogli, non è neppure astrattamente configurabile. Anche a prescindere da questa considerazione, da ritenersi assorbente, va inoltre ricordato che l’Italia e il mondo intero hanno affrontato una situazione epidemiologica paragonabile, per la sua estensione, solo alla Spagnola del 1918, in cui peraltro, data la guerra in corso, la preoccupazione, almeno nei paesi belligeranti, non era certo quella di istituire zone rosse o simili”.