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Italia come garante della sicurezza mondiale: in cosa consiste la richiesta di Zelensky

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Italia e altri Paesi come garante della sicurezza mondiale: è la richiesta di Zelensky per tutelarsi da possibili future invasioni della Russia.

Zelensky ha chiesto che venga istituito un organo che funga da garante per la sicurezza mondiale in caso di nuovi attacchi: anche l’Italia ne farebbe parte.

La richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky

La guerra in Ucraina è sicuramente il tema di interesse mondiale più caldo dell’ultimo mese, e un po’ tutti i Paesi sono impegnati – seppur a livelli diversi – in questa faccenda.

L’ultima richiesta di aiuto, in ordine temporale, dal presidente ucraino Zelensky è di istituire un esercito che sia in grado di rispondere militarmente in meno di 24 ore, in caso di ulteriori attacchi significativi. A renderlo noto in Italia è l’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk:

«Il nostro presidente ha lanciato l’iniziativa U24, United for peace, per creare un gruppo di Paesi capace di dare una risposta entro 24 ore in caso di aggressione».

Paura per possibili attacchi futuro

La richiesta dell’ex attore e attuale presidente è figlia dei numerosi negoziati che fin’ora hanno generato un nulla di fatto. La paura di Zelensky è che, se anche l’Ucraina dovesse rinunciare all’integrità territoriale – magari riconoscendo la Crimea e lasciando andare il Donbass – potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione tra cinque, dieci o vent’anni.

Il ruolo dell’Italia come garante della sicurezza mondiale

Sembra ormai chiaro che l’Ucraina non possa entrare nella NATO, unico imperativo categorico fissato dalla Russia. Per questo Zelensky vorrebbe tutelarsi con questo ipotetico accordo che imporrebbe a Italia e altri Paesi di intervenire in caso di nuove invasioni.

«Secondo il nostro presidente, di questo gruppo dovrebbero far parte i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, più la Germania, il Canada, la Turchia e anche l’Italia. Sono contento di vedere l’Italia in questo elenco».

Questa l’idea di Kiev, riportata a Roma dall’ambasciatore Melnyk.