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Morto Matteo Messina Denaro: i segreti e i misteri del boss

I segreti di Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro è morto all'ospedale dell'Aquila e ci sono molti misteri e segreti che si è portato nella tomba.

Matteo Messina Denaro è morto all’ospedale de L’Aquila, dove era ricoverato mentre scontava l’ergastolo al 41 bis nel carcere de Le Costarelle. Il boss si è portato nella tomba diversi segreti e misteri.

Matteo Messina Denaro: segreti e misteri che si porta nella tomba

Matteo Messina Denaro è morto all’ospedale de L’Aquila. L’ultimo dei Corleonesi si è portato nella tomba molti segreti e misteri, che non verranno mai svelati. Secondo indiscrezioni, Messina Denaro ha chiesto di non essere rianimato in caso di necessità. Nei mesi trascorsi in carcere non ha mai voluto collaborare con i magistrati, tenendo per sé ogni segreto, come aveva fatto suo padre, Don Ciccio, morto in latitanza e catturato “soltanto da morto“, come disse la sua vedova nel giorno dei funerali. Con la sua morte si chiude anche il processo per le stragi di Capaci e via D’Amelio. In primo grado e in appello Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo come uno dei mandanti. Il pentito Francesco Geraci aveva raccontato che Messina Denaro gli diceva di non andare a Palermo, anche se lui doveva andarci tutti i giorni. Dopo la strage gli ha detto che da quel momento poteva tornarci. “Io ho capito tutto” ha dichiarato al processo.

Matteo Messina Denaro è nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962, secondo figlio di Francesco Messina Denaro, ufficialmente compiere nei terreni della famiglia D’Alì, ma capo di Cosa Nostra nel Paese e in tutta la provincia per volere di Totò Riina. Don Ciccio ha insegnato al figlio a sparare a soli 14 anni. Quando ne ha compiuti 18 si è ritirato da scuola dopo il battesimo del fuoco, ovvero il suo rimo omicidio. Quando il padre è sparito perché le forze dell’ordine lo cercavano, lui ha ereditato il suo lavoro nell’azienda agricola, anche se operava in Cosa Nostra. Insieme a Giuseppe Graviano all’inizio del 1992 è a Roma per progettare gli omicidi di Falcone, del ministro della Giustizia Claudio Martelli e dei giornalisti Maurizio Costanzo e Michele Santoro.

Matteo Messina Denaro: Cosa Nostra, la latitanza e altri misteri

Nel 1993 gli obiettivi della strategia del terrore di Cosa Nostra erano in mano a Matteo Messina Denaro, che proponeva delle guide per scegliere dove colpire. A Roma in via Fauro è andato in scena il piano suo e dei Graviano per uccidere Maurizio Costanzo, attentato poi fallito. Le stragi a Milano, Roma e Firenze fanno un totale di dieci morti, tra cui una bambina di pochi mesi. Ma nel 1994 fallisce l’attentato ai carabinieri allo stadio Olimpico. Con l’arresto dei fratelli Graviano finisce la strategia di tensione di Cosa Nostra in quanto, secondo quanto riportato, hanno trovato un accordo politico con “quello di Canale 5“, ovvero Berlusconi, tramite “un compaesano loro“, ovvero Dell’Utri, come confidato a Gaspare Spatuzza.

Da quel momento inizia la latitanza. Gli inquirenti iniziano a dargli la caccia, con tracce dalla Sicilia a New York, da Dubai alla Tunisia. La malattia alla fine lo ha portato in carcere. Durante gli interrogatori si è comportato come un irriducibile, negando anche l’evidenza. “Io non mi farò mai pentito. Io mi sento uomo d’onore ma non come mafioso, Cosa nostra la conosco dai giornali. Magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra” ha dichiarato. Ha detto agli inquirenti di non aver dato l’ordine di uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, perché voleva far sapere di aver rispettato il Codice d’Onore di Cosa Nostra sui bambini. Ha spiegato la sua ricchezza sostenendo che il padre era un mercante d’arte. E ha deciso di portarsi nella tomba tutti i segreti e i misteri.