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Meno rifiuti nel 2020 causa covid ma Tari in aumento, Confcommercio chiede un cambio di rotta

Un camion compattatore in una città europea

Meno rifiuti nel 2020 causa covid ma Tari in aumento, Confcommercio non ci sta e snocciola i dati: sono nove le regioni sotto la sufficienza

Meno rifiuti nel 2020 causa pandamia da covid ma Tari in aumento. Un paradosso che Confocommercio dopo altri allarmi legati alla pandemia, ha voluto segnalare con forza e a cui chiede di porre rimedio. I dati sono incontestabili: nel 2020, malgrado il blocco delle attività economiche causa Covid e la conseguente riduzione sostanziale della quantità di rifiuti prodotta, la Tari ha toccato livelli record.  L’anno scorso sono state prodotti oltre 5 milioni di tonnellate in meno rispetto al 2019. Eppure il costo totale della tassa rifiuti ha toccato il livello record di 9,73 miliardi. Si tratta di un incremento dell’80% negli ultimi 10 anni. Le imprese del terziario, già duramente colpite dagli effetti della pandemia, sono in ginocchio anche per questo paradosso. 

Meno rifiuti nel 2020 a causa: costi alti e servizi carenti

Infatti i costi restano ancora troppo alti a fronte di una gestione dei servizi resi dagli enti locali che fa acqua. L’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio ha rimandato questa desolante fotografia. Lo ha fatto censendo per il 2020 ha delibere e regolamenti di tutti i Comuni capoluoghi di provincia, Nel dato poi sono stati inseriti anche più di 2.000 altri Comuni di piccole e medie dimensioni. E il quadro emerso preoccupa davvero. Il 2020, da anno della svolta è diventato anno del tracollo. L’Arera, l’autorità di regolazione e controllo in materia di rifiuti urbani, aveva stabilito che nel 2020 sarebbe dovuta diventare operativa l’adozione del nuovo Metodo Tariffario Rifiuti (MTR). 

La regola europea del “chi inquina paga”

Con quale scopo? Evitare costi impropri, inefficienze e stimolare più aderenza tra le tariffe pagate dalle utenze e la reale produzione dei rifiuti. La stella polare di questo metodo era il principio europeo “chi inquina paga”. L’analisi invece dice altro. Cioè che su 110 capoluoghi di provincia e Città Metropolitane, quasi l’80% dei Comuni non ha ancora definito questo nuovo metodo. Poi che per il 21% dei Comuni che lo hanno recepito, in più della metà dei casi (il 58%) il costo della TARI risulta, paradossalmente, in aumento. Un aumento robusto, di badi, mediamente del +3,8%. Nel Comune di Ancona ad esempio, per un bar di 100mq la Tari nel 2020 è aumentata di 112 euro. E per un supermercato di 100mq nel Comune di Torino l’aumento arriva a 312 euro

La delibera 2020 sulla parte variabile

Qualcuno ha giocato al rialzo, altro che covid o Tariffa puntuale. Eppure Arera aveva deliberato nel maggio 2020 per ridurre la parte variabile della tassa. Questo in considerazione della minore produzione dei rifiuti legata alla sospensione delle attività produttive per il covid. E invece i dati evidenziano come il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate. E che il 17% le ha diminuite (mediamente del 5%), mentre il 23% le ha addirittura aumentate (mediamente del 3,8%). Tra l’altro in modalità caotica. Nei Comuni che hanno ridotto le tariffe nei confronti delle utenze non domestiche, le modalità sono state eterogenee. Cioè con una riduzione sulla parte variabile, o con un dilazionamento, o con una riduzione ma  sull’ampliamento dell’occupazione di suolo pubblico o altre forme di riduzione. 

Ecco le 9 regioni sotto la sufficienza

Le categorie più tassate si confermano quelle del 2019. Per alcune di esse si registrano, nel 2020, ulteriori rincari. Parliamo di mense, birrerie ed hamburgherie. Sulla quantità di servizi erogati c’è lo stesso poco da ridere. Con un punteggio da 0 a 10 sono 9 le Regioni che si posizionano ancora sotto il livello 6 di sufficienza. Eccole Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia e Toscana. I maggiori punteggi per Emilia Romagna (7,38), Piemonte (7,33), Veneto (7,17) e Lombardia (7). E Confcommercio auspica dunque che su questi aspetti il Governo possa intraprendere un dialogo costruttivo con gli operatori e le associazioni imprenditoriali. 

Cosa chiede Confcommercio al governo

Servono, infatti, interventi strutturali per rendere effettivo il principio europeo “chi inquina paga”. Inoltre va risolto il problema della mancanza cronica di una dotazione impiantistica che fa lievitare i costi dei piani finanziari dei Comuni e, quindi, delle tariffe per le utenze. Senza impianti parte considerevole dei rifiuti va in discarica o esportato all’estero per il trattamento e l’incenerimento. Con buona pace dell’ambiente e delle imprese che devono sostenerne i costi.