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Non c’è differenza tra Salvini con gli immigrati e Renzi con il reddito di cittadinanza

Renzi open arms salvini

La convergenza di una presunta parte che vorrebbe essere di centrosinistra (e invece è una destra che non è stata invitata alla festa) e la Lega non è solo nei contenuti ma anche nei modi.

Eccola qua, l’ultima invenzione della cosmetica linguistica dell’odio in giacca e cravatta, camicia rigorosamente bianca, che finge di voler combattere il cattivismo populista di cui è soltanto una diversa declinazione: l’invidia sociale. L’invidia sociale è il lasciapassare per farsi passare da vittime mentre si è intenti a randellare, fingersi bastonati mentre si è bastonatori, instillare odio (pur giocando di sponda, credendosi intelligenti) per poi lamentarsi della rabbia di risulta.

Così mentre Giorgia Meloni riesce (come spesso accade) a manganellare i poveri paragonando il “reddito di cittadinanza” al metadone (che viene utilizzato per alleviare il dolore, ma che ne sa Giorgia Meloni dell’alleviare dolori) accade che tutto introno la schiera di nemici dei poveri continui a latrare facendo a gare su chi riesce ad accendere più bile.

Si passa da Flavio Briatore (un evasore fiscale che è italiano solo quando si tratta di fare il moralista con gli italiani ma è il meno italiano possibile quando passa dal suo commercialista), per Matteo Salvini (uno che non ha lavorato mai in vita sua, come ha confermato il Tribunale di Bergamo), a Carlo Calenda (uno che la povertà la conosce come soggetto cinematografico) passando per Matteo Renzi e la sua combriccola (gente che invita a “faticare” mentre discetta di orologi “da meritarsi”) fino ai turboliberisti di turno (chiamarli liberisti sarebbe un’offesa per il nobile pensiero liberale) che ritengono la povertà una colpa da espiare con l’autoesclusione da qualsiasi dibattito pubblico.

Ma attenzione, il reddito di cittadinanza è semplicemente una leva, fingono di interessarsene e di discuterne semplicemente perché in questo tempo è la roncola perfetta per colpire i loro nemici. Nemici? Sì, sì, lo so, sembrerebbe un’affermazione troppo forte eppure di nemici si tratta: contro i poveri è in corso un’offensiva che ha come unico scopo quello di fomentare odio, odio buono per dividere e quindi per aizzare, odio buono per lasciare intravedere un nemico che potrebbe destabilizzare il proprio elettorato e così spingerlo a cercare protezione con il voto. E il voto degli impauriti, si sa, è un voto che diventa perfino tifo sfegatato.

Non c’è niente di diverso tra la feroce e cretina banalità di dipingere i migranti come un palesato giovanotto con il cellulare nuovo di zecca alla ricerca di vitto e alloggio e wi-fi e il percettore del reddito di cittadinanza spaparanzato sul divano mentre si ingozza di prelibatezze pagate con i soldi pubblici. Non c’è niente di diverso tra l’affiliare il problema della “criminalità” agli immigrati e l’immaginare il mondo del lavoro affossato per i percettori del reddito di cittadinanza.

Non c’è differenza quindi tra Salvini con gli immigrati e Renzi (e tutti gli altri) con il reddito di cittadinanza: si tratta di una banalizzazione disonesta e immorale che si gioca sulla pelle di disperati e che serve per raccontare un pericolo inesistente come l’emergenza di questo tempo. L’invidia sociale e il reddito di cittadinanza sono semplicemente elementi di contorno: questi sono come i leghisti, razzisti con i poveri come quelli lo sono con i negri, solo che sanno usare i congiuntivi e hanno adornato il proprio odio con giacca, cravatta e orologi alla moda.

La convergenza di una presunta parte che vorrebbe essere di centrosinistra (e invece è una destra che non è stata invitata alla festa) e la Lega non è solo nei contenuti ma anche nei modi. E forse sarà per questo che gli “odiatori dei poveri” viaggiano su percentuali da prefisso telefonico: chi voterebbe un oliatore decaffeinato quando un po’ più in là ci sono quelli che non hanno nessuna remora a parlare di povertà come droga e di sussidi come metadone?