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Omicidio Vanessa Ballan: l'assassino andò al bar dopo averla uccisa

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Dopo l'omicidio di Vanessa Ballan il killer si recò in un bar dove ha bevuto una birra e conversato con altri clienti

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Bujar Fandaj, imbianchino 41enne originario del Kosovo, si sarebbe recato in un locale della zona subito dopo aver compiuto il delitto. L’intenzione sembrava essere quella di crearsi un alibi per l’omicidio.

Omicidio Vanessa Ballan: l’assassino andò in un bar dopo averla uccisa

Ha ordinato una birra, l’ha bevuta tranquillamente, chiacchierando con noi e con una cliente di tatuaggi” le parole dei dipendenti del bar, che agli investigatori hanno spiegato “Era tranquillo, ha parlato del tatuaggio che si era fatto di recente, ha bevuto la sua birra come se niente fosse, ma prima di tutto aveva chiesto di andare in bagno”. Solo successivamente la barista ha visto il suo volto in televisione, associandolo a quello del cliente. I carabinieri prenderanno visione dei video delle telecamere presenti nel bar, soprattutto per capire cosa sia successo mentre si trovava in bagno. L’ipotesi più plausibile è che stesse cercando di eliminare le macchie di sangue.

Non accettava la fine della reazione

Fandaj e Vanessa si erano conosciuti nel supermercato dove la 26enne lavorava. La reazione, iniziata nel 2022, era terminata nell’estate scorsa, ma l’uomo non aveva accettato la decisione di lei di troncare. Aveva quindi iniziato a minacciarla, affermando che avrebbe mostrato al marito video e foto di loro due insieme. In un primo momento il compagno, Nicola Scapinello, era all’oscuro di tutto, solo successivamente Vanessa trovò il coraggio di confessare e, grazie al suo aiuto, di denunciare il suo persecutore.

“Il caso è stato sottovalutato”

Secondo quanto è emerso dalle indagini, Fandaj inviava alla donna continui messaggi, la seguiva e spesso si recava presso il supermercato dove lavorava anche quattro volte nell’arco della stessa giornata. La denuncia è stata sporta il 26 ottobre. Il procuratore capo di Treviso, Marco Martani, ha ammesso che il caso è stato sottovalutato. “Le denunce da codice rosso vengono trattate dal magistrato di turno, che poi passa il fascicolo al magistrato del gruppo fasce deboli” ha commentato “In quel caso, nel giro di un giorno era stata fatta la perquisizione e passato il fascicolo al magistrato competente, il quale non aveva ritenuto ci fossero gli elementi per la richiesta di una misura cautelare, ma aveva deciso di approfondire le indagini chiedendo i tabulati del telefono. L’unica misura che avrebbe potuto impedire l’aggressione sarebbe stato il carcere, un provvedimento per il quale non vi erano oggettivamente elementi sufficienti“. Il procuratore ha anche ammesso che “la valutazione fatta era di non urgenza, cosa purtroppo che si è rivelata infondata“.