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La rivolta delle lenzuola, tutti gli striscioni contro Salvini

Striscioni contro Salvini

Da Brembate a Salerno, da Campobasso a Milano: in tutta Italia si moltiplicano gli striscioni di protesta contro la Lega e il ministro dell'Interno.

È una protesta silenziosa, fatta di stoffa e inchiostro, ma tanto efficace da espandersi a macchia d’olio in tutta la penisola e richiedere l’intervento della polizia. Non scende nelle piazze, ma entra nelle case – o meglio, si appende sui loro balconi e sulle loro finestre. C’è chi ci mette la faccia, come il fratello di Pino Daniele, che arruola anche il cantautore scomparso tra i militanti (postumi) di questa battaglia. Bersaglio della “rivolta delle lenzuola“, come alcuni l’hanno soprannominata, è il Capitano Matteo Salvini, con tutta la sua ciurma del Carroccio. Ma le sfumature della protesta sono molteplici e vanno dai porti aperti ai 49 milioni, dalla lotta al razzismo alle rivendicazioni dei “terroni”.

Striscione Firenze

La rivolta delle lenzuola

Quelle lenzuola appese ai balconi sono silenziose, sì, ma fanno discutere. Restano lì – almeno finché non arriva la polizia – ben visibili, a raccontare una storia diversa da quella che esce dalla bocca del ministro dell’Interno, a disturbare la narrazione secondo cui la Lega è il partito avverso ai poteri forti ma amato dal popolo. Ma qualcosa va storto quando è proprio il popolo ad accogliere il suo rappresentante con un enorme cartello che recita: “Non sei il benvenuto“. È successo a Brembate e pochi giorni prima a Salerno. Una gru dei pompieri, nel primo caso, e una squadra della polizia, nel secondo, hanno riportato l’ordine. Ora la palla passa alla magistratura, dopo l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura salernitana.

Striscione Napoli

La caccia al tesoro di Milano

Ma il seme, ormai, è stato gettato e ha dato i suoi frutti da Nord a Sud. Difficile tracciarne una mappa, mentre gli striscioni inseguono Salvini da un comizio all’altro. “Questa Lega è una vergogna, lo diceva anche mio fratello Pino”, si legge su un lenzuolo appeso alla finestra di Salvatore Daniele. I cittadini di Campobasso ricordano che “i terroni non dimenticano” e dicono “no al ministro dell’odio”. In zona San Siro, c’è chi descrive il leader del Carroccio come “amico dei mafiosi e nemico dei poveri” e resta fermo sulle proprie posizioni nonostante otto agenti in borghese minaccino di sfondare la porta. È proprio Milano che la rivolta delle lenzuola raggiunge il suo apice e si trasforma in una “caccia al tesoro dei balconi. Dove sono i 49?“. Alla ricerca degli striscioni, sì, ma soprattutto dei famosi milioni sottratti dalla Lega. Il tutto in vista del vertice milanese tra Salvini e le altre forze sovraniste, alla vigilia delle elezioni europee.

Tra striscioni e selfie

Per capire cosa giustifica, almeno sulla carta, l’intervento della polizia bisogna tornare al 1948, quando venne redatto l’articolo 72 della legge numero 26 del codice penale. Poche righe che permettono di reprimere l’azione di chi “con qualsiasi mezzo impedisce o turba una riunione di propaganda elettorale, sia pubblica che privata”, cita Il Post. Una legge dall’interpretazione molto ampia, ammette lo stesso capo della polizia Franco Gabrielli.

Fa riflettere che ad avere bisogno di ricorrere ai “suoi” uomini in divisa per mettere a tacere gli oppositori sia proprio colui che ama porsi come l’uomo forte dello Stato, il ministro che va avanti a testa alta al grido di “io non mollo”. Così come traspare l’impressione che i suoi oppositori abbiano cominciato a ragionare non solo sul contenuto della loro protesta ma anche sulla sua forma. Oltre al cosa, conta il come: a ricordarlo al mondo politico è stato proprio il Capitano, capace più di altri di raccogliere applausi e suscitare consensi. I suoi oppositori, forse, hanno capito che quando protesti contro l’uomo che è a capo della polizia non è saggio farlo in piazza con cortei violenti. Meglio scegliere armi diverse. E allora ecco che sui balconi di tutta Italia si moltiplicano gli striscioni e che anche un selfie con “finale a sorpresa” può diventare strumento (pacifico) di contestazione politica.

Striscione Calabria