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La sfida di Salvini a Carola Rackete: "Ci vediamo in tribunale"

Salvini Carola tribunale

Il ministro dell'Interno ha risposto all'annuncio della querela da parte della capitana della Sea Watch 3.

È una sfida a colpi di accuse legali quella tra Matteo Salvini e Carola Rackete. La legge ha scagionato la capitana della Sea Watch 3, che, tornata in libertà, ha deciso di non piegare la testa davanti alle accuse del vicepremier leghista e, tramite il suo avvocato, ha fatto sapere che è già pronto un documento di querela che ha come destinatario proprio il ministro dell’Interno. “Non vedo l’ora di incontrarla in tribunale, di guardare in faccia una che ha provato a uccidere dei militari italiani”, è la replica del leader del Viminale. Una potenziale assassina secondo Salvini, una “nuova eroina” per la sinistra, si legge in un post pubblicato su Facebook. “Gliela lascio volentieri”, continua il ministro, “io continuo a difendere l’Italia e gli italiani. Grazie per tutto il vostro sostegno”.

Contro giudici e “radical chic”

In un altro post pubblicato sui canali social, Salvini è tornato inoltre ad attaccare i giudici “che decidono della vita o morte di tutti. Fosse per me, [Carola Rackete, ndr] sarebbe già a Berlino. Per quanto mi riguarda, questo pomeriggio potrebbe essere a prendere il sole a Portofino o a Ostuni, non mi sembra normale ma i giudici decidono e ne prendiamo atto”. Non manca neppure una critica a J-Ax, che durante un concerto si è apertamente schierato con la capitana della Sea Watch. “Ma come si fa a paragonare Carola a Gandhi, Nelson Mandela e Martin Luther King? Il caldo non fa bene ai radical chic”, è il commento del vicepremier.

Il trattato di Dublino

Esulta, invece, per il sequestro dell’Alex, il veliero della Mediterranea Saving Humans attraccato a Lampedusa dopo un braccio di ferro con Malta. “La Finanza sta effettuando il sequestro penale preventivo della nave dei centri sociali, bene”, si legge su Facebook. Il governo italiano è invece riuscito a evitare lo sbarco dei naufraghi salvati dalla Alan Kurdi, la nave della Sea Eye. L’obiettivo a lungo termine resta la modifica del trattato di Dublino: “Non mi sembra che la maggioranza dei Paesi europei sia intenzionato. Per questo ci stiamo attrezzando per ridiscuterlo sostanzialmente da soli”. Quelle in vigore ora, ha concluso, sono “regole che non funzionano”.