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Fase 2, riaperture: governo e ISS bloccano la fuga in avanti regioni

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Le regioni vogliono riaprire prima del 18 maggio, ma il governo ISS le bloccano: prima bisogna vedere i dati.

Uno dei grandi temi ricorrenti in tutta l’emergenza coronavirus è stato ed è il forte conflitto tra governo e regioni, con il primo che prova a dare delle linee generali da seguire e le seconde non sempre pronte ad accettare quanto imposto dall’esecutivo nazionale. Conflitti, forse, da sempre esistenti, ma che in un momento di grande pressione mediatica sono emersi con vigore, regalando anche passerelle importanti a politici locali. Si pensi al sindaco di Messina, De Luca, al suo omonimo governatore della Campania o al nuovo idolo della Lega, il governatore del Veneto, Luca Zaia. Dopo una settimana dall’avvio della contestatissima fase 2, le regioni vogliono ripartire e decidono in autonomia di riaprite tutto, si pensi al caso della Santelli in Calabria, o alla provincia autonoma di Bolzano che vorrebbe permette ai negozi di alzare le saracinesche. A bloccare questo passo in avanti delle regioni sono intervenuti sia il governo che l’Isitituto Superiore di sanità (ISS).

Riaperture: governo e ISS bloccano le regioni

“E’ importante che il paese riparta, ma il virus non ha cambiato né identità né caratteristiche. Violare le regole di comportamento per la prevenzione del contagio, dunque, potrebbe facilitarne la circolazione”, così il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Dello stesso tenore le parole del ministro delle Salute Roberto Speranza che ha anche ribadito la linea del governo: prima del 18 maggio non si apre nulla. “Dobbiamo gestire con grande attenzione e gradualità la fase delle riaperture. Nessuna fuga in avanti ci vuole ancora tanta responsabilità altrimenti finiremo col vanificare i sacrifici fatti finora”. Brusaferro si è poi soffermato anche su ciò che avverrà dopo il 18 maggio e sul possibile piano per riapre davvero tutto, compresi cinema e teatri, a giugno: “Si stanno valutando forme di partecipazione con numeri limitati di persone in luoghi confinati previo rispetto delle regole e con un percorso di garanzia, dalla fasce orarie agli ingressi. Questo vale per tutti gli eventi che hanno tali caratteristiche”. Prima però sarà necessario valutare bene o risultati di quest’apertura parziale, iniziata il 4 maggio e per la quale serviranno almeno una decina di giorni per analizzare i dati, si spera contenuti, dei nuovi contagi.

Le richieste delle regioni

Le regioni però continuano ad andare contro l’esecutivo. Il governatore altoatesino Armo Kompascher ha già consentito a negozi, bar, ristoranti, parrucchieri e musei di riaprire. Il ministro delle Autonomie Francesco Boccia ha impugnato il provvedimento: non essendo ancora pronte le linee guida nazionali sul lavoro – che l’Inail sta predisponendo con il Comitato tecnico scientifico -, l’ordinanza “è in contrasto con le regole sulla sicurezza sul lavoro”. Dopo l’ordinanza della Calabria, sulla quale il Tar deciderà sabato, anche quella dell’Alto Adige finisce dunque davanti ai giudici. Anche Zaia in Veneto ritiene che sia necessario affrettare le ripartenze: “Mi sento con i colleghi presidenti: c’è condivisione rispetto al fatto che il 1 giugno è una data troppo distante per ristoranti e bar in primis. Non c’è programmazione. Se il Governo dicesse che si apre il 18 maggio tutti accenderebbero i motori. Ma il 18 potrebbe presentarsi Conte e fare un Dpcm che chiude altre due settimane”. Della stessa opinione anche Attilio Fontana, governatore della Lombardia, mentre il presidente dell’Emilia – Romagna, Stefano Bonaccini, ha chiesto dal 18 maggio le Regioni possano decidere in autonomia per le successive riapertura.