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Quali sono le differenze tra fine vita, eutanasia e suicidio assistito?

Siringa

Molti confondono l'eutanasia con il suicidio assistito e viceversa. Scopriamo le differenze tra queste due pratiche e la fine della vita.

La Consulta ha bocciato definitivamente il referendum sull’eutanasia. La palla passa ora al Parlamento, che dovrà occuparsi di questo tema e fare in modo che si crei una legge che vada a disciplinare tale pratica medica. Eutanasia è un termine che sentiamo spesso, specialmente nell’ultimo periodo. Spesso associamo erroneamente questa pratica al suicidio assistitito o alla fine della vita. Vediamo nel dettaglio la differenza tra le due pratiche e la fine della vita.

Le differenze tra fine vita, eutanasia e suicidio assisitito

Fine vita è semplicemente la morte. Come riporta Il Messaggero, la medicina ha dichiarato che, contrariamente a come si pensava prima degli anni sessanta, la morte non coincide con l’interruzione del battito cardiaco, ma con la morte cerebrale. Bisogna però considerare che il vero dibattito sulla fine della vita non riguarda la morte in sè. Con fine vita, infatti, ci si pone un quesito: “Quand’è che finisce la vita?“. Spesso, molte persone decidono di non ricevere cure o trattamenti medici, accettando di conseguenza la morte. Quindi il dubbio che sorge spontaneo è: “Si può considerare fine vita la scelta di non ricevere cure e non continuare a vivere?”. Una questione quasi più filosofica che medica.

Eutanasia

Discorso diverso invece per l’eutanasia. La pratica dell’eutanasia richiede necessariamente l’intervento di un medico specialista, che ha il compito, dopo l’autorizzazione del paziente o di chi ne fa le veci, di causare la sua morte. Coloro che richiedono l’eutanasia sono afflitti da un male, che può essere fisico o psicologico, che non riesce a dargli motivo di vivere. Esiste anche un altro tipo di eutanasia, quella passiva. In questo caso, il medico non deve necessariamente indurre la morte nel paziente, ma astenersi da qualsiasi intervento che manterrebbe in vita il paziente. I farmaci utilizzati per praticare l’eutanasia sono solitamente barbiturici e il cloruro di potassio.

Suicidio assistito

Il suicidio assistito segue le stesse regole dell’eutanasia, l’unica differenza è che, a differenza dell’eutanasia, non è necessario un intervento medico. Il medico, se un paziente richiede il suicidio assisitito, si limiterà a consigliare ed assistere il diretto interessato, prescrivendogli farmaci che lo indurranno alla morte. Terminato il suo compito, spetterà al paziente assumere in totale autonomia i farmaci ed aspettare che sopraggiunga la morte. Un esempio di cui si parla spesso è quello di Mario, 43enne delle Marche che da anni è tetraplegico a causa di un incidente. Viste le condizioni, Mario ha deciso di non voler continuare a vivere, richiedendo il suicidio assisitito. In questo caso era stato anche scelto il farmaco, ossia il Tiopentone sodico.