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Coronavirus, la chiusura delle scuole mina la salute mentale dei bambini

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Secondo alcune ricercatrici italiane il confinamento domestico causato dalla chiusura delle scuole causerebbe disturbi nella psiche dei bambini.

Con l’arrivo del lockdown anti coronavirus, la stragrande maggioranza degli italiani ha dovuto fare i conti con il conseguente confinamento domestico e con l’impossibilità di recarsi fuori di casa; una limitazione che se negli adulti può essere facilmente superata a livello emotivo e psicologico nei bambini può essere causa di seri problemi sotto l’aspetto dell’equilibrio psico-fisico. Un team di ricercatori italiani ha cercato di analizzare le problematiche che possono colpire bambini e ragazzi costretti a non interagire con nessuno per settimane.

Coronavirus, l’effetto del lockdown sui bambini

La ricerca è stata portata avanti dalla biologa molecolare Valentina Flamini, dalla docente Eleonora Franchini, da Alessandra Basso dell’Università di Helsinki e da Sara Gandini dello IEO, che a proposito delle conseguende provocate dal lockdown nei minori hanno affermato: “Bambini e ragazzi sono stati costretti a rinunciare alla scuola, luogo insostituibile non solo per il loro bisogno di apprendimento, ma anche di crescita sociale ed emotiva. Questa rinuncia ha generato una sofferenza che è stata comunicata in modi diversi, spesso con segnali di iperattività e irrequietezza, oppure, al contrario, con la comparsa di abulia, stanchezza, disturbi del sonno“.

Per quanto riguarda le problematiche a livello fisico, esse si concentrano soprattutto sullo stile di vita sedentario che i bambini tendono ad assumere durante i lunghi periodi trascorsi in casa, caratterizzato da un’alimentazione meno sana e da lunghi periodi di tempo trascorsi davanti al computer o alla televisione. Sul piano psicologico invece il confinamento domestico: “Ha causato un aumento del livello di stress che può avere effetti a lungo termine sul benessere di bambini e ragazzi e aumenta il rischio di sviluppo di malattie mentali nell’età adulta”.

Tra i disturbi della psiche che i ricercatori citano nel loro studio vengono inoltre menzionate: “L’insorgenza di nuove paure (come la paura di essere contagiati), l’ansia da separazione, segnali di regressione, disturbi del sonno, irritabilità e comportamento oppositivo. Una recente indagine condotta dal Gaslini di Genova rileva problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% dei bambini minori 6 anni, e nel 71% di bambini e ragazzi compresi tra i 7 e i 18 anni”.

I bambini come veicolo di contagio

In questi ultimi mesi i bambini sono tuttavia finiti al centro della cronaca sanitaria anche per quanto riguarda la loro presunta elevata capacità di trasmissione del coronavirus. Affermazioni che sono state smentite all’interno dello studio: “L’apertura delle scuole non dovrebbe creare paure perché i dati sono rassicuranti: i bambini e i ragazzi si ammalano meno e hanno meno probabilità di trasmettere il virus alle persone con cui entrano in contatto. Mentre è noto che i bambini siano veicolo di infezione per malattie come l’influenza stagionale, gli studi finora condotti mostrano che ciò non sia vero nel caso del COVID-19″.

Infine, citando alcune ricerche effettuate in vari paesi europei (per l’Italia viene menzionato uno studio di Andrea Crisanti in cui 234 bambini esposti al virus non sono stati contagiati) le ricercatrici auspicano una riapertura delle scuole per il prossimo settembre che tenga conto delle modalità già sperimentate altrove: “Resta aperta la riflessione sulle “modalità di apertura” che auspichiamo tengano conto dei dati scientifici prodotti, oltre che delle esperienze già in atto nei paesi citati, e mirino a ristabilire in bambini e ragazzi la serenità e spontaneità nell’incontro con l’altro”.