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Saviano: "La monogamia è il pilastro su cui le mafie hanno costruito le proprie regole"

Roberto Saviano

Per Saviano la prima scelta contro la prassi delle mafie è "rompere le sue regole, scardinare la sua aberrazione moralista"

Per Roberto Saviano la monogamia –  intesa come regola moralistica di controllo delle mafie in ogni ambito della vita – è l’elemento fondamentale per misurare valore e affidabilità degli affiliati.

Saviano: “La regola della monogamia” nelle mafie 

Nel suo ultimo articolo per il Corriere della Sera, “La mafia e il tabù del sesso: così i boss punivano gli amanti”, Roberto Saviano si focalizza su un aspetto molto particolare delle organizzazioni criminali italiane, la cosiddetta “ regola della monogamia“.

E per farlo, parte da molto lontano. Dal 1993 quando a Palermo, Toto Riina – seduto nella cella dell’aula bunker dell’Ucciardone – rifiuta il confronto con Tommaso Buscetta perchè ” Non è un uomo adatto a me. Non è della mia statura, è un uomo che ha troppe amanti”. 

Questo e l’incipit che porta l’arguta penna di Saviano, prima a far capire il motivo di una tale affermazione e poi ad arrivare a una sua personale conclusione che ha già suscitato qualche commento stizzito sui social da parte di chi forse non ha compreso il discorso più ampio che l’intellettuale ha voluto porre all’attenzione dei lettori. Non si intende di certo screditare la monogamia , purchè sia una scelta libera, consapevole e priva di qualsiasi condizionamento.

Innanzitutto lo scrittore precisa che quella di Riina non era la  dichiarazione singolare di un boss ma lo specchio di una vera e propria regola radicata nelle organizzazioni mafiose. Sedondo Saviano infatti, ” Nelle organizzazioni criminali italiane, la ‘regola della monogamia” è ancora ritenuta l’elemento fondamentale per misurare valore e affidabilità degli affiliati. Una morale per cui il sesso è male, va praticato in circostanze limitate, riscattato col sentimento dentro un impegno monogamico”.

Saviano: le mafie e il controllo in ogni ambito della vita

Il motivo è da ricercare in quel controllo che le mafie intendono controllare su ogni aspetto della vita: “Controllando la sessualità controllano la vita, punendo a loro arbitrio i comportamenti sessuali che violano le regole”.  

Nella prassi mafiosa, scrive Saviano “prima di arrivare alle pistole si delegittima“. “Le mafie” – prosegue in un altro passaggio dell’articolo – ” utilizzano i comportamenti sessuali dei loro obiettivi, per delegittimarli. Le mafie sanno che, se la nostra vita sessuale è resa pubblica, ci espone alla derisione. Chiunque, qualsiasi vita sessuale, anche la più ordinaria, resa pubblica, appare grottesca”.

Ed ecco che, nel contesto più ampio dell’intero articolo, lo scrittore arriva alla sua particolare riflessione finale che si basa su un semplice presupposto:  la monogamia è una scelta intima come un’altra.” Non ha un valore in sè, non è un onore, un titolo di moralità o di giustizia”.  Fa parte della sfera personale di ognuno di noi.

Saviano: contro le mafie la prima scelta è rompere le sue regole 

“Mi chiedevo, da adolescente, cosa c’entrasse la sfera privata, fatta di fedeltà e tradimenti (veri o presunti), con gli appalti o con le sparatorie” conclude Saviano  “e riflettevo sulla necessità di invitare invece alla denuncia, a studiare il potere dei boss, a picchettare i loro feudi, accendere la luce sulle discariche. Sbagliavo a credere che non vi fosse connessione perché la prima scelta contro la prassi mafiosa è rompere le sue regole, scardinare la sua aberrazione moralista, smontare nel vivere quotidiano i meccanismi socialmente accettati che fanno da concime al potere criminale. Scegliere la vita, la sessualità libera da vincoli, proclamare la normalità di un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia. Anzi, è l’atto antimafia più forte che possa esistere”.