> > Sharon Lopatka, torturata e uccisa per sua volontà: ecco la storia

Sharon Lopatka, torturata e uccisa per sua volontà: ecco la storia

La storia

La torbida e macabra storia di Sharon Lopatka, una donna sadomasochista che accettò di essere torturata e strangolata fino alla morte per raggiungere l’orgasmo. Accadde nel 1996.

Il personaggio

Protagonista e vittima

Sharon Lopatka, nata Denburg, classe 1961, proveniva da una famiglia ebraica ortodossa del Maryland ed era la prima di quattro figlie. Sembra che i genitori fossero molto rigidi con loro e non approvarono il matrimonio di Sharon, che aveva ormai 30 anni, con l’immigrato cattolico Victor Lopatka, che lavorava nell’ambito delle costruzioni. I due giovani si sposarono ugualmente e al più presto, vista l’ostilità dei genitori di lei. La donna, con il passare del tempo, fece emergere la propria perversione sessuale, sia perché il marito era sempre lontano per lavoro sia per l’uso che faceva di Internet. Inizialmente perché si era trovata un impiego – lei era casalinga, ma cominciò a dedicarsi alla pubblicità su siti e blog; creò anche un proprio sito tramite il quale forniva consigli sulla vita quotidiana e vendeva libri su come trovare la pace spirituale –. Arrivò al mondo dei siti pornografici, pubblicizzando foto e video hard fino a realizzarne per conto suo. C’è anche il sospetto che il marito fosse al corrente di tutto ciò, ma la certezza non c’è mai stata.

Attraverso numerosi pseudonimi, come quello di “Nancy Carlson”, Sharon si mostrava addirittura con delle ferite che si infliggeva da sé; inoltre condivideva video di donne che venivano stuprate, dai loro partner o da sconosciuti, oppure vendeva la propria biancheria intima usata. Le chat che frequentava, trattavano impunemente di schiavitù, pedofilia, sadomasochismo e persino necrofilia. Non solo: lei stessa aveva ammesso di nutrire “un fascino per la tortura fino alla morte”, anche personale.

Si erano conosciuti in chat

L’incontro fatale e l’omicidio

Glass e Lopatka

Sharon non si limitava alla sessualità virtuale – che talvolta comprendeva anche donne –, ma voleva anche incontri reali: la maggior parte degli uomini con cui chattava, si tirava indietro, quando lei chiedeva loro di incontrarli, finchè ad accettare sarebbe stato il suo futuro assassino. Si trattava di Robert “Bobby” Frederick Glass, 45 anni, programmatore di computer del North Carolina, sposato e padre di tre bambini. Anche lui, per chattare, usava diversi pseudonimi, come avrebbe scoperto la moglie Sherri, che poi avrebbe chiesto la separazione: pseudonimi come “Toyman” (“Uomo giocattolo”) e “Slowhand” (“Mano lenta”). A Glass – dopo che l’uomo le aveva mostrato una sorta di bambola voodoo – Sharon Lopatka chiese di essere legata, torturata e strangolata, per farle raggiungere l’orgasmo. Si incontrarono dopo mesi di chat di questo tipo, il 13 ottobre 1996: dato che il marito della donna era via per lavoro, lei gli disse che voleva andare a trovare alcuni parenti in Georgia, mentre in realtà si recò da Bobby. A Victor sembra che avesse scritto questo inquietante biglietto: “Se il mio corpo non viene recuperato, sappi che io sono in pace”. Il marito denunciò la scomparsa di Sharon alla polizia, che il 20 ottobre ispezionò il suo computer e arrivò a Robert Glass. Gli agenti si recarono a casa di quest’ultimo in North Carolina, ma credendo che Sharon fosse ancora viva, rimasero in attesa, fuori dall’abitazione dell’uomo, fino al 25 di ottobre; poi, non vedendo mai uscire la donna, fecero un’irruzione nell’edificio. Al suo interno vennero trovati tra l’altro oggetti appartenenti alla scomparsa, e nel computer di Glass, immagini e video di sesso estremo ma anche pedopornografiche e dosi di droga – che probabilmente i due avevano usato prima di fare ciò che racconteremo tra poco -. All’esterno della casa, sotto due metri e mezzo di rifiuti, vennero trovati i resti in decomposizione di Sharon. Rintracciato al lavoro e arrestato, Glass riferì quel che era successo, affermando che tutto era avvenuto con il consenso di Sharon stessa, ma che tirando la corda che lei gli aveva permesso di legarle attorno al collo durante il rapporto sessuale, l’aveva strozzata accidentalmente: “Non ho mai voluto ucciderla”, dichiarò. Le indagini, tuttavia, considerando anche il fatto che Sharon aveva scritto al suo complice-carnefice di voler essere torturata fino alla morte in un gioco erotico, portarono a condannare l’uomo, dopo tre anni di processo, per omicidio volontario premeditato sfruttamento sessuale e detenzione di materiale pedopornografico, tutti crimini che egli ammise. Venne condannato a 3 anni e 5 mesi per assassinio e a due anni e due mesi per detenzione di materiale pedopornografico. Il 20 febbraio 2002, due settimane prima della sua liberazione definitiva, gli venne un infarto e morì in ospedale. La torbida e macabra vicenda di Sharon Lopatka ispirò il film “Downloading Nancy” (2008), dallo pseudonimo che usava più spesso in chat.

Un lontano precedente

Ma Sharon non sarebbe la prima persona sadomasochista arrivata a perdere la vita: si ha notizia di un violinista, contrabbassista e compositore ceco, František Kočvara, che nel lontano 1791, a Londra, pagò una prostituta, Susannah Hill, perché alla fine del rapporto sessuale, gli tagliasse i genitali. La donna si rifiutò, ma lui si legò una corda al collo e morì per asfissia. La Hill venne processata per omicidio, ma poi venne assolta, perché la giuria le credette. Le carte processuali, vennero poi distrutte per evitare uno scandalo, ma una copia si sarebbe salvata, dando origine a pamphet e documenti sulla vicenda.