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Strage Latina: Capasso in depressione? i segnali

Capasso

Luigi Capasso avrebbe avvertito i suoi superiori del brutto momento che stava passando. Stava seguendo uno psicologo a seguito della separazione.

Luigi Capasso avrebbe avvertito i suoi superiori del brutto momento che stava passando. L’apparente depressione seguita alla separazione l’aveva portato a farsi seguire uno psicologo.

«Sto passando un brutto momento perché mi sto separando e per questo ho bisogno di una casa» aveva detto. A seguito di tale dichiarazione, tuttavia, Capasso aveva rifiutato il sostegno psicologico offerto normalmente dall’arma dei Carabinieri in situazioni simili. Fu infine visitato da una commissione, che gli diede soltanto otto giorni di riposo, avendolo reputato idoneo al servizio.

Da lì in poi, la situazione tra lui e la moglie peggiorò, escalando fino all’assassinio delle due figlie e al ferimento grave della moglie, ancora ricoverata.

La strage si sarebbe potuta evitare?

Il fatto che Capasso avesse condiviso la sua situazione psicologica ha fatto sorgere in molti la domanda: la strage si sarebbe potuta evitare?

La stessa Arma dei Carabinieri non ha preso sottogamba la questione: il comando generale provvederà infatti a verificare che le autorità competenti abbiano valutato il comportamento e la condizione psicofisica di Capasso in maniera adeguata. Più nello specifico, provvederà a verificare se avessero effettivamente elementi sufficienti per prevdere quanto infine è accaduto.

Sebbene in molti gridino alla tragedia annunciata, i fatti sono ancora da chiarire: se da un lato le dichiarazioni di Capasso riguardo al suo stato psicologico farebbero pensare a uno stato di depressione profondo, dall’altro sono ancora molti gli elementi poco chiari. Dai messaggi su Facebook, ad esempio, emerge il profilo di un uomo ancora in buona salute mentale. Naturalmente, però, non si tratta di elementi sufficienti a formulare un giudizio psicologico completo: bisognerà attendere ulteriori sviluppi.

Le parole del fratello

Riguardo alla condizione dell’omicida, il fratello Gennaro ha commentato sostenendo che Luigi non fosse un mostro, bensì un padre esemplare. Parla di blackout, di momento di sbando, di quindici minuti di vuoto assoluto; “sicuramente era un ottimo padre e adorava le sue bimbe”. Aggiunge come fosse sempre presente per loro, quando Antonietta, la madre, non poteva trovarsi a casa causa motivi di lavoro. Riguardo al suo stato mentale, sottolinea come la crisi coniugale e la separazione l’avessero fatto soffrire, diventando probabilmente la causa di questo “blackout”. Gennaro insiste: le due nipotine (figlie di Luigi) non hanno mai avuto terrore né timore del padre, che faceva tutto quello che fanno i papà.

In data 29 marzo i due coniugi si sarebbero dovuti trovare in tribunale, per la prima udienza per la separazione giudiziale. Luigi temeva di perdere la casa e le due figlie, Alessia e Martina. È proprio questo timore, dice il fratello, ad avergli fatto crollare il mondo addosso. Ormai il rapporto tra Luigi e Antonietta era pesantemente incrinato e l’uomo era ormai consapevole che sarebbe stato allontanato dalle due figlie: a questo timore e a questa consapevolezza, il fratello Gennaro riconduce i “quindici minuti di blackout” di Luigi. Non si tratta di un tentativo di giustificazione, quanto la visione dei fatti del fratello. La depressione, la solitudine e il rischio –a questo punto, l’ampia probabilità- di perdere il suo ruolo di padre, nonché il tempo in compagnia delle due bambine, sarebbero stati alla basa di questo gesto violento. Alla luce di questi dettagli, Gennaro non si sente di voler definire il fratello un mostro. Sostiene, al contrario, come sia Antonietta che il suo avvocato non siano state in grado di mettere in conto una possibile reazione spropositata del carabiniere.