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Ubriaca? Stupro senza aggravante. Il perché della sentenza

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La Cassazione non dà ragione ai violentatori nel non riconoscere l'aggravante in caso di stupro se la vittima ha abusato volontariamente di alcolici.

La Cassazione con la sentenza numero 32462 ha decretato che in caso di stupro non può essere contestata l’aggravante anche se la vittima è ubriaca, quando questa ha abusato volontariamente di alcolici. Allo stesso tempo, però, la Terza sezione penale ha ammesso il fatto che “l’uso volontario” di alcol incide sul “valido consenso” al rapporto sessuale, riconoscendo infatti la violenza. Per l’avvocato Giorgia Antonia Leone la sentenza è “un’opportunità” per mettere mano al codice penale italiano.

Stupro senza aggravante

Pochi giorni fa ha fatto discutere la sentenza della Cassazione che ha stabilito come in caso di stupro non può essere contestata l’aggravante se la vittima ha abusato volontariamente di alcolici. “Si deve rilevare che l’assunzione volontaria dell’alcool esclude la sussistenza dell’aggravante” scrivono infatti i giudici della Suprema Corte, e questo perché anche se “la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti (o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa)” queste devono “essere necessariamente strumentale alla violenza sessuale”.

In altre parole, l’aggravante può scattare solo se è “il soggetto attivo del reato” ad utilizzare l’alcool “per la violenza, somministrandolo alla vittima”. La Cassazione ha ammesso invece il fatto che “l’uso volontario” di alcolici incide sul riconoscimento delle “condizioni di inferiorità psichica o fisica” delle vittima in quando, essendo ubriaca, non può esprimere “un valido consenso” al rapporto sessuale.

La sentenza ha suscitato indignazione in buona parte del mondo politico, sia a destra che a sinistra. Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati PD, aveva sottolineato come tale pronunciamento “ci riporta indietro di decenni”. Annagrazia Calabria, deputata di Forza Italia dichiarava invece: “Far passare anche solo lontanamente l’idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo quale è lo stupro”.

Cassazione dà un’opportunità

Giorgia Antonia Leone, avvocato penalista di Milano e patrocinante in Cassazione attiva lotta per la parità di genere, spiega che nel caso specifico “per l’aggravante avrebbero dovuto essere i soggetti attivi del reato, ossia i due uomini stupratori, a costringere la vittima a bere per poi innescare la violenza sessuale compiuta e non viceversa la donna a bere consapevolmente e intenzionalmente”. Interpellata da Tpi.it, infatti, l’avvocato esorta quindi a cogliere tale sentenza “come un’opportunità, preziosa, per mettere in discussione e valutare obiettivamente il sistema del codice penale italiano attualmente in vigore”.

“Certo è che in casi come questi, con uno scenario sociale di violenza come quello che viviamo, il risultato di una tale pronuncia giudiziaria può essere che la vittima venga percepita come in qualche modo responsabile di ciò che le è accaduto, pur non essendo così, col risultato di magari non dare pieno valore alla volontà di chi subisce violenza e di attribuirle appunto parte della colpa” ammette il legale. “Ma questo effetto sociale – conclude – di un provvedimento giudiziario, va ragionevolmente e cautamente contenuto nei fatti e nelle norme di diritto a disposizione, semmai sistemicamente discutibili”.