> > Verona, pakistana costretta ad abortire: denuncia i genitori

Verona, pakistana costretta ad abortire: denuncia i genitori

Georgia

Una ventenne di origine pakistana è stata riportata nel paese asiatico e costretta dai genitori ad abortire

La sua storia ricorda quella di Sana Cheema. Anche Farah, ragazza di Verona, originaria del Pakistan, ha subito un’orrenda violenza perpetrata per mano dei suoi genitori. Riportata nel paese asiatico, è stata costretta ad abortire. Ma lei quel bambino, avuto con un compagno veronese, lo voleva. A dare la notizia è stata la ragazza stessa, che via whatsapp ha raccontato la vicenda ad alcune amiche: “Mi hanno legata al letto e sedata”. La giustizia italiana sta indagando in maniera serrata e puntuale: “Si tratterebbe di un gravissimo episodio”, ha fatto sapere il ministro degli affari esteri.

Studentessa pakistana denuncia i genitori

Si teme per la vita i una ragazza di origine pakistana. Portata nei mesi scorsi in Pakistan, è stata costretta ad abortire il figlio avuto da un compagno veronese. La vicenda si bassa sui messaggi inviati dalla ragazza. Tramite Whatsapp ha detto alle sue amiche: “Mi hanno legata e sedata. Così sono stata costretta ad abortire”. Si indaga sulla sorte di Farah, pakistana residente a Verona da 10 anni. Da tempo non si hanno più sue notizie. A lanciare l’allarme il fidanzato e le amiche, in seguito a quei terribili messaggi.

La giovane, appena ventenne, era rimasta incinta di un compagno di scuola e aveva deciso di tenere il bambino. Ma a essere contrari erano i genitori, che hanno deciso di riportata in Pakistan. Lì, è stata segregata per praticare l’operazione clandestina. Pare che ragazza lo scorso anno avesse già denunciato il padre per maltrattamenti. E l’assessore ai servizi sociali Stefano Bertacco ha dichiarato che il padre e il fratello sono rientrati in Italia, mentre lei è “costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella”.

Farah è stata portata nel suo paese d’origine con una scusa. L’istituto scolastico frequentato dalla ragazza aveva deciso di anticipare gli esami di maturità per la giovane pakistana. Così avrebbe portato avanti in serenità la gravidanza. Ma a gennaio la famiglia ha deciso di partire perché era prevista” la celebrazione del matrimonio di un fratello”. Così non è stato: la giovane al contrario è stata segregata in casa e costretta all’aborto, con l’aiuto di un medico del posto. La ragazza è riuscita però a inviare alcuni messaggi via Whatsapp alle sue amiche in Italia. Così ha denunciato l’accaduto. Ha raccontato di essere stata “legata a un letto e sedata”. Testimonianza che le compagne hanno riportato ai docenti e di cui è stata informata la Questura scaligera. Si spera venga fatta presto giustizia per Farah.

L’intervento della procura

Dopo la drammatica storia di Sana, altra ragazza pakistana uccisa da padre e fratello nel loro paese di origine, si teme per Farah, residente a Verona ma da mesi costretta a tornare in Pakistan. Aveva deciso di aderire al progetto Petra, dove è stata difesa e tutelata fino al 9 gennaio. La struttura si occupa delle violenze sulle donne, in particolare tra le mura familiari. Tornata a casa, aveva detto di essersi riappacificata con la famiglia. Al contrario, la giovane è stata costretta a rinunciare a quel bambino che lei aveva deciso di tenere. Gli investigatori hanno ora attivato il consolato pakistano in Italia e hanno messo a disposizione tutto il materiale e le testimonianze raccolte.

Sulla vicenda è intervenuto l’assessore ai servizi sociali del Comune di Verona, Stefano Bertacco. “Non c’è nessuna volontà da parte della famiglia di lasciare libera la ragazza alla quale, a quanto ci è stato riferito, sono stati sottratti i documenti ed è costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella”, ha dichiarato. Il fratello e il padre, invece, così spiega l’assessore, sono rientrati in Italia. “La situazione si è spostata in Pakistan. Ci stiamo muovendo tutti ma essendo cittadina pakistana anche la Farnesina non ha molti margini di intervento”, aggiunge Bertacco.

La ragazza aveva anche chiesto di continuare a partecipare agli incontri di mutuo-aiuto organizzati dal Centro Petra, ma in realtà non vi ha mai preso parte. Ha comunicato che era andata in vacanza. Poi si è appreso che era tornata in Pakistan per il matrimonio del fratello. Ma questa probabilmente è stata una scusa per farla allontanare da Verona. In seguito al Centro Petra si è presentato il fidanzato ed è scattato l’allarme.

La Farnesina ha chiesto allambasciata d’Italia ad Islamabad di verificare con urgenza, con le autorità locali, le notizie relative alla studentessa. “L’Italia difende con forza e in ogni circostanza il rispetto dei diritti umani e delle libertà e i diritti fondamentali sulla base della parità di uomini e donne”. Ha poi aggiunto: “Se la vicenda fosse confermata, si tratterebbe di un episodio gravissimo“.

Verona