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Eni nei guai: evasione fiscale per 10 milioni e 15 arresti

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Continuano i guai per Eni. Dopo l'accusa di evasione fiscale, 15 persone sono state arrestate per aver comprato sentenze.

Eni è accusata di maxi evasione fiscale sulle accise. La Guardia di Finanza ha infatti sequestrato depositi e raffinerie dell’Eni. Al momento sono 18 gli indagati. Secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, sarebbero stati sottratti al Fisco 10 milioni di euro su prodotti petroliferi. L’azienda si è detta estranea a condotte illecite. I Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza stanno provvedendo al sequestro preventivo di depositi e stabilimenti situati in 13 regioni. Nel frattempo sono scattate le manette per 15 persone per aver tentato di falsificare dossier.

Eni: il caso

Veniva venduta molta più benzina di quella che veniva contabilizzata. Questo avveniva grazie a un trucchetto degli strumenti di misurazione. È per questo che il gip di Roma ha ordinato il sequestro preventivo dei sistemi di misurazione di prodotti petroliferi. L’operazione della Guardia di finanza riguarda tredici Regioni. Un sequestro, spiegano le Fiamme Gialle in una nota, “finalizzato a impedire l’uso di sistemi di misurazione alterati o alterabili, inidonei a garantire la necessaria affidabilità ai fini fiscali“.

Nel registro degli indagati risultano iscritte 18 persone. Si tratta di direttori, responsabili operativi e dipendenti di depositi e raffinerie. Tra gli indagati vi sono anche funzionari di uffici metrici. Proprio a loro sono state contestate la violazione del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e del codice penale.

“Attraverso l’esame della documentazione e dei supporti informatici acquisiti in sede di perquisizione, i controlli su strada della movimentazione dei carburanti e le consulenze tecniche disposte dall’Autorità Giudiziaria – proseguono i finanzieri – è stata accertata la sottrazione al pagamento delle accise gravanti su quasi 40 milioni di litri di prodotti, con conseguente evasione di circa 10 milioni di euro di tributi.

Le parole dell’azienda

L’azienda Eni si è dichiarata fin da subito estranea a condotte illecite. “L’azienda è parte lesa”. Il sequestro preventivo si inserisce in attività di indagine che erano state avviate dalle procure di Frosinone e di Prato nel 2010 e dalla procura di Roma nel 2014, di cui la società aveva già dato notizia. I procedimenti sono poi stati riuniti di fronte alla procura di Roma. Eni – si legge in una nota – ha costantemente fornito all’autorità giudiziaria la massima collaborazione. In questo senso ha intenzione di chiarire le proprie ragioni a sostegno della correttezza del proprio operato e dell’estraneità alle presunte condotte illecite. Nell’ambito di questa vicenda, Eni si ritiene parte offesa.

La società, anche in considerazione delle conseguenze che deriverebbero, dal fermo totale delle attività di raffinazione e rifornimento di carburanti, richiederà la possibilità di utilizzo dei misuratori al fine di consentire il proseguimento di tali attività e di ridurre per quanto possibile al minimo l’impatto verso i clienti, le società e i servizi.

Gli arresti

Ma non è tutto. L’Eni è infatti anche al centro di una nuova frontiera giudiziaria che ha visto l’arresto di ben 15 persone. Queste sono state accusate di aver partecipato alla creazione di un sistema illegale e criminale di sentenze comprate e dossier falsificati. Uno degli arrestati più famosi è senza dubbio Giancarlo Longo, l’ex pubblico ministero della città siciliana di Siracusa. L’ex pm è stato accusato dai giudici siciliani di associazione a delinquere, corruzione e falso. Sempre secondo i magistrati Giancarlo Longo era solito inquinare numerose prove per pure motivazioni personali.

Una delle accuse principali che sono state rivolte a Longo riguarda proprio l’Eni. Secondo i pm, l’ex pm Longo si era fatto convincere da Amara, legale assunto esternamente dall’Eni, ad aprire un’indagine, senza nessun fondamento, su un piano di spacchettamento della società e del suo amministratore delegato Claudio Descalzi. Proprio per questo motivo i magistrati hanno arrestato anche gli avvocati Amara e Calafiore.