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Tommaso Onofri, la storia del rapimento del bimbo che commosse l'Italia

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Il rapimento del piccolo Tommaso Onofri sconvolse l'Italia intera: i suoi sequestratori sono in carcere, mentre il padre Paolo è morto di dolore

Il 2 marzo 2006 due banditi incappucciati irruppero in casa Onofri, a Parma, e rapirono il piccolo Tommaso (detto Tommy) di soli 17 mesi. Il sequestro del bimbo tenne l’Italia con il fiato sospeso per circa trenta giorni. I sospetti caddero anche sulla famiglia. Il 2 aprile l’edizione straordinaria del Tg diede notizia del ritrovamento del corpo del piccolo.

Tommaso Onofri, la storia del rapimento

A Casalbaroncolo, vicinissimo a Parma, nella nebbia di una fredda sera di marzo del 2006, la famiglia Onofri è seduta a tavola per cena. Paolo, la moglie Paola, Sebastiano di 7 anni e il piccolo Tommaso di 17 mesi sono tutti riuniti. Mentre mamma Paola aiuta a mangiare Sebastiano, mentre il piccolo Tommy scalcia nel seggiolone perché non vuole più la pappa. All’improvviso va via la luce. Paolo si alza, abituato a riattivare l’elettricità ogni volta che si verifica il guasto. Dopo aver acceso le candele, esce dalla stanza e va verso l’interruttore, ma viene scalzato con un balzo, respinto da qualcuno.

Due uomini a viso coperto fanno irruzione nel tinello. Uno dei due ha una pistola puntata sulla nuca del piccolo Tommy, che scoppia in lacrime. L’altro uomo intima intima agli Onofri di consegnarli tutti i loro soldi. I coniugi raccimolano circa 150 euro che consegnano ai due malviventi. Poi vengono fatti sdraiare sul pavimento e vengono legati con il nastro adesivo. I due ladri a quel punto fuggono, l’incubo sembra finito. Il pianto di Tommy però non si sente più. Distesa a terra, Paola intravede i piedini del figlio che si allontanano. La rapina era tutto un bluff. Quello era un vero e proprio rapimento.

Tommaso Onofri, la ricostruzione del sequestro

Già dopo qualche ora i carabinieri di zona stanno pattugliando il circondario. Il giorno seguente tutta Casalbarolo e tutta Parma, ma anche tutta l’Italia, parlano del rapimento del piccolo. I genitori lanciano diversi appelli pubblici, dando indicazione ai rapitori di Tommy su come debba essere accudito. Il bimbo è infatti epilettico e deve prendere quotidianamente un farmaco. Il piccolo chiama l’iniezione ‘il mommo’ e questo è di particolare importanza. I genitori si raccomandano al piccolo, per non spaventarlo. Ma mentre si rivolgono ai sequestratori del figlio, Paolo e Paola Onofri sanno che il bimbo è troppo cagionevole. Nelle mani di estranei non riuscirà a sopravvivere.

Chi è la famiglia Onofri

Gli inquirenti cominciano a porsi alcune domande. Se si tratta di un rapimento a scopo di estorsione, a quale denaro puntano i sequestratori? Gli Onofri non sono una famiglia ricca. Hanno solo il casale in cui vivono, che hanno comprato con i soldi di un’eredità e in parte con un mutuo. Paolo dirige un ufficio delle Poste Italiane. Anche Paola lavora alle Poste. Una delle prime piste investigative è proprio quella della ritorsione. Gli inquirenti indagano anche sulla persona del secondo marito di Francesca Traina, la prima moglie di Paolo Onofri. Una pista che però non porta a nulla. Nel frattempo altri aspetti della vita privata della famiglia Onofri vengono approfonditi. Esiste un immobile che Paolo usa come pied-à-terre. Si trova a solo un chilometro da dove lavora, in via Jacchia, nel quartiere Montanara.

Il segreto della casa

Quella casa Paolo l’aveva acquistata nel 2002, senza dirlo a nessuno, neanche alla moglie Paola. I carabinieri vi trovarono delle poltrone, una lampada, un diploma e un personal computer con 391 fotografie, 92 file e decine di filmati. Si tratta purtroppo di materiale pedopornografico. Paolo Onofri si difende e dice che stava raccogliendo del materiale per sporgere una denuncia. Gli inquirenti gli consigliano di accettare una reprimenda, in cambio della piena collaborazione sul caso del rapimento del figlio Tommy. Ma Paolo rifiuta e così parte l’indagine che si concluderà con un patteggiamento.

Da quel momento in poi, la figura di Paolo Onofri diventa oscura, ambigua. Subentra anche una telefonata scambiata con il capocantiere che aveva eseguito i lavori di ristrutturazione del casolare di famiglia. Dopo il sequestro, Pasquale Barbera chiede a Onofri: “Hai fatto i nomi?”. “Sì, ho fatto i nomi, ma non quei nomi” risponde Paolo. “Hai fatto bene se no mi avresti creato problemi”.

La confessione

L’attenzione si sposta a questo punto sugli operai che avevano eseguito i lavori in casa Onofri. Fondamentale è il ritrovamento di un’impronta su un frammento di nastro adesivo lasciato la sera del rapimento del bambino. Mario Alessi, uno degli operai, è indagato per falsa testimonianza e concorso in sequestro. L’uomo dal sorriso cinico ha un passato che fa rabbrividire. Infatti è stato condannato agli arresti domiciliari per violenze nei confronti di una ragazza. Alessi a quel punto confessa di aver rapito Tommy, ma non vuole dire dov’è e parla di un complice, Salvatore Raimondi, pregiudicato. Sono sue le impronte ritrovate sullo scotch. Dopo aver ripetutamente negato di aver toccato quel bambino, Alessi alla fine ammette: “Non cercatelo più, è morto. È stato ucciso solo un’ora dopo essere uscito di casa”.

“Non cercatelo più”

La tremenda verità è agghiacciante per tutti coloro i quali avevano cercato ovunque quel bambino. La notizia viene riferita dal telegiornale in un’edizione straordinaria, ancora prima che la stessa famiglia Onofri venga avvertita. Paola lo scopre dalla tv, anche se intimamente sapeva che non lo avrebbe più rivisto. Il piano ideato da Alessi con la complicità della compagna Antonella Conserva e di Raimondi era quello di rapire il bimbo. Per chiedere poi ai familiari un riscatto di cinque milioni di lire. Dopo aver portato via Tommy, però, qualcosa è andato storto. Alessi, rimasto solo con il bambino, lo ha ucciso senza pietà. Tommy è stato strangolato fino a rompergli la mandibola, preso a calci e a pugni. Dunque ha sofferto moltissimo. Tutti e tre i delinquenti vengono condannati dal tribunale di Bologna. Viene dichiarato l’ergastolo per i due uomini, esecutori materiali, mentre 24 anni vengono dati alla Conserva.

La storia non finisce lì, nella discarica di materiali edili che è la tomba di Tommy a Sant’Ilario D’Enza. Quello è il posto dove i suoi assassini lo hanno scaricato. Le indicazioni di Alessi hanno fatto accorrere sul posto medici, poliziotti e magistrati. Per cercare il piccolo corpo di Tommy sotto i rovi e le sterpaglie gli agenti usano un forcone. Ogni movimento è denso di dolore, emozione e tenerezza. Alla fine, sotto trenta centimetri di terra spunta un lembo del pigiamino di Tommy. È intatto, la terra lo ha protetto dalle intemperie, dagli animali selvatici che non lo hanno nemmeno sfiorato. Distrutta resta solo la famiglia di Tommy. Le vite di tutti i componenti sono sventrate dalle indagini. Tutti i possibili segreti vengono messi alla luce, la fiducia reciproca è spezzata. Paolo Onofri morirà di infarto qualche anno dopo.