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Covid in Norvegia, 80 contagi dopo una cena in 111: 17 sono di variante Omicron

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Covid, 80 positivi ad una cena in Norvegia. 17 casi sono accertati di Omicron, e quasi tutti avevano ricevuto almeno la seconda dose di vaccino

Focolaio covid ad una cena in Norvegia: su poco più di 100 partecipanti, ben 80 sono risultati positivi. Alcuni sono casi di Omicron.

Covid, Norvegia: 80 contagi dopo una cena

Ben 80 dei 111 partecipanti a una cena pre natalizia svolta a Oslo, in Norvegia, a fine novembre sono risultati positivi al Covid-19. Di questi, 17 casi sono stati accertati di variante Omicron. La maggior parte dei partecipanti alla cena aveva un’età compresa tra 30 e 50 anni, e ha riferito di aver ricevuto la seconda dose di vaccino anti-Covid nel periodo tra maggio e novembre 2021.

Covid, 80 positivi in Norvegia: colpa della variante Omicron?

Tutti gli 80 positivi, tranne uno, hanno riportato sintomatologie: febbre, tosse, mal di gola e mal di testa; fortunatamente nessuno ha avuto bisogno del ricovero in ospedale.

Otto dei positivi avevano viaggiato in altri Paesi europei ed africani nelle due settimane precedenti alla cena, per questo si pensa che «la maggior parte dei contagiati siano stati infettati dalla variante Omicron del coronavirus Sar-CoV-2».

Covid, 80 positivi in Norvegia: lo studio su Omicron

Dato il caso di focolaio, la situazione è stata studiata per cercare di ampliare ancor di più le conoscenze su Omicron. I risultati preliminari dell’indagine sembrano confermare l’elevata infettività di Omicron, ma soprattutto la sua capacità di aggirare la protezione conferita dai vaccini.

Giorgio Gilestro, ricercatore dell’Imperial College di Londra, ha commentato così questi eventi:

«Considerando che erano quasi tutti vaccinati e giovani, i numeri non sono incoraggianti. Altri 60 che capitavano al ristorante per caso si sono anche infettati. Mi aspetto protezione dai sintomi più severi ma il virus ha il potenziale di infettare i vaccinati e quindi un ha bacino di suscettibili 10 volte più alto di Delta. Se anche fosse più lieve, il rischio di mettere sotto stress il sistema sanitario esiste ed è il problema principale».