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Bambini a lezione di sessismo: "La mamma cucina, il papà lavora"

Il libro sessista delle elementari

"La mamma cucina e stira, il papà lavora e legge": così un libro delle elementari contribuisce a diffondere gli stereotipi sessisti nelle scuole.

A volte basta sfogliare le pagine di un libro per avere la sensazione di essere stati catapultati in un altro secolo. Non stiamo parlando di un romanzo avvincente e neppure di un manuale di storia, ma di un libro di grammatica italiana proposto ai bambini delle elementari. È su quelle pagine che gli italiani di domani apprendono che la mamma cucina e stira (ma non tramonta) e che il papà lavora e legge (senza gracidare).

Il sessismo in un’Italia medievale

La notizia, diffusa su Facebook, ha fatto il giro del web. Un post che fa venire i brividi a qualsiasi donna che, consapevole di vivere nel ventunesimo secolo, abbia scelto di svestire i panni della moglie e madre perfetta, dedita solo alla cura della casa e della famiglia, per indossare quelli richiesti dalla sua professione. Raggiungendo livelli di professionalità pari, se non superiori, a quelli dei suoi colleghi maschi, in cambio di stipendi e riconoscimenti ancora troppo spesso nettamente inferiori.

Ma più ancora dell’esercizio in sé a generare un senso di profondo disagio sono i commenti degli utenti – di quegli stessi adulti che contribuiscono a formare il tessuto sociale di un’Italia a dir poco medievale. Tra chi non capisce dove sia l’errore e chi reputa “molto più scandalosa la donna che nega le sue attitudini“; tra chi lo ritiene “solo un esercizio di grammatica” e chi invita le massaie del 2019 a prendere la vita con più leggerezza: “Godetevi la vita, magari mentre cucinate, fate come me… bevete anche un bicchiere di vino, magari vi rilassate”. Si naviga in un mare di sessismo e luoghi comuni che speravamo (illuse!) di esserci ormai lasciate alle spalle.

Alda Merini

Donne che odiano le donne

E se pensate che si tratti solo dell’anacronistica opinione di uomini abituati dalla cultura del macho servito e riverito dopo una lunga giornata di lavoro (uno scenario tipicamente italico, ormai in via d’estinzione in svariati Paesi d’Europa), vi sbagliate. A difendere a spada tratta la mentalità di cui questo libro è intriso ci sono, in prima fila, proprio le donne. E finché saremo noi le prime a non vederci “nulla di male”, a credere che “è sempre stato nella natura umana che la donna si occupava della casa e dei figli e il marito a lavorare per portare i soldi a casa“, difficilmente potremo pretendere rispetto e pari diritti dai nostri colleghi e compagni, fuori e dentro le mura di casa.

A poco servono le quote rose e gli slogan femministi, movimento troppo spesso travisato e che finisce per essere considerato un “mostro alimentato da donne fallite e cornificate”. Nessuna legge, nessun ispirato discorso a favore dell’emancipazione potrà mai controbilanciare il danno apportato alla società da un semplice libro per bambini, che con poche parole, con un esercizio apparentemente innocuo, getta un seme di disparità e discriminazione in menti giovani e ancora facilmente influenzabili. Contribuendo a determinare il difficile futuro delle italiane di domani.

Locandina We can do it

We can do it!

Ciò che ci serve è lo sguardo determinato e il bicipite, ormai iconico, di Rosie the Riveter, la donna operaia che nel 1943 ha insegnato alle americane, nel pieno della guerra, a uscire di casa e conquistare le fabbriche e il mondo del lavoro al grido di We can do it!. O forse, senza andare tanto lontano, basterebbe insegnare alle bambine a seguire l’esempio di Rita Levi Montalcini, Liliana Segre, Alda Merini, Margherita Hack e tante altre. Quanto sarebbe diverso, oggi, il mondo della scienza, della letteratura e della politica se avessero accettato di trascorrere la vita a cucinare e stirare?

Rita Levi Montalcini