Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha comunicato che il 4,25% dei pazienti contagiati da Covid19 è deceduto. Il dato ha destato subito parecchia preoccupazione. A spiegare cosa significa e a spiegare se se si possa parlare veramente di “tasso di mortalità” del Coronavirus è stato il virologo Fabrizio Pregliasco. Lo ha fatto ai microfoni de Ilfattoquotidiano.it. Il virologo è direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano e docente di Igiene all’Università Statale. Secondo la sua opinione, “un tasso che supera il 4 per cento è sicuramente un dato sovrastimato. Perché di qualsiasi epidemia si tratti, è tipico che i casi identificati siano inferiori a quelli reali”.
Coronaviurs, Pregliasco passa del tasso di mortalità
“Molte persone, in Italia e nel mondo, hanno contratto il Covid19 senza neppure rendersene conto – ha continuato Pregliasco –. Probabilmente questa è stata la causa della diffusione dell’epidemia”. Il virologo quindi spiega che ci possono essere molti più contagiati rispetto a quelli scoperti. “Generalmente nelle epidemie i contagi registrati vanno moltiplicati anche fino a dieci volte”.
Quindi, “non possiamo parlare di tasso di mortalità del virus, perché non abbiamo e, forse, non avremo mai il dato reale, ma solo di tasso di mortalità tra i contagiati che il sistema sanitario è riuscito a identificare”. “L’unico dato abbastanza certo – continua il virologo – è proprio quello dei decessi. Anche se è estremamente difficile, anche con i dati delle autopsie a disposizione, comprendere se queste persone sono morte per il Coronavirus o con il Coronavirus, ma per altre cause. Se prendiamo il dato dei decessi, la mortalità è più alta rispetto all’influenza. Se volessimo calcolare un tasso di mortalità reale con questi criteri, dovremmo dunque tener conto di tutti i contagiati e dei pazienti effettivamente morti per il virus. Impossibile.
Infine: “Sappiamo che l’80 per cento dei casi identificati riporta un’influenza più pesante di quella a cui siamo abituati. Mentre il 10% delle persone con sintomi finisce in terapia intensiva”. E questo, secondo il virologo, è il dato da tenere in considerazione, in quanto c’è il rischio che il sistema sanitario non regga. “In quest’ottica – conclude – va considerato il periodo di incubazione media, che arriva a 14 giorni, e le relative possibilità di contagio. Per questo è importante attenersi alle misure restrittive, anche nelle aree dove finora il numero di contagi è rimasto contenuto“.