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Coronavirus, il meteo può incidere: cosa comportano pioggia e caldo

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Il meteo incide sull'epidemia di coronavirus: cosa comportano il caldo e la pioggia rispetto alla diffusione del Covid-19?

Il meteo incide sull’epidemia di coronavirus? Gli esperti dicono di si. Ma come possono la pioggia e il caldo avere conseguenze sulla diffusione e sull’aumento o diminuzione dei contagi da Covid-19? Alcune persone avevano ipotizzato, ma poi smentito, la possibilità che il caldo potesse diminuire il numero degli infetti, così come avviene per l’influenza stagionale. Tuttavia, non esistono evidenze scientifiche che possano comprovare tale ipotesi. Chiariamo però la situazione sulla base di alcune esperienze simili vissute in passato.

Coronavirus, il meteo incide sull’epidemia

Il cambiamento climatico è un problema di salute“, così diceva l’Oms nel 2019. La correlazione clima-epidemie, quindi, è comprovata da diversi eventi del passato. Come ha ricordato Sara Mazzilli, dottoranda alla Scuola Normale Superiore in data science applicata all’epidemiologia (intervistata da IlMeteo.it), “la salute della terra influenza quella di tutto l’ecosistema, inclusi piante e animali“. Come ha ricordato l’esperta, infatti, “la capacità di riprodursi degli insetti aumenta con l’aumentare delle temperature e dell’umidità. Inoltre, con il cambiamento climatico, habitat che prima erano proibitivi per la sopravvivenza di insetti tropicali, diventano ideali per la loro diffusione”.

Per la settimana del 9 marzo, però, è previsto l’arrivo di alcune piogge che potrebbero rallentare “la circolazione di agenti patogeni come quello dell’influenza nell’ambiente”. Ma per il Covid-19 non esistono alcune evidenze scientifiche.

Con l’arrivo del caldo, invece, la situazione potrebbe modificarsi. “Sappiamo che il caldo riduce la circolazione del virus influenzale o dei rhinovirus, che causano il raffreddore, mentre facilita la propagazione di malattie trasmesse da insetti”. Inoltre, “la bella stagione cambia i nostri comportamenti: durante l’inverno le persone passano più tempo in luoghi chiusi a stretto contatto, quindi hanno una maggiore probabilità di respirare aria contagiata da qualcuno che ha febbre e così contrarre il virus; d’estate stiamo più spesso all’aria aperta o a contatto con la natura, questo ci pone maggiormente a rischio di contrarre un’infezione veicolata dalla puntura d’insetto“.

Dunque, essendo il coronavirus una malattia nuova, “è probabile che continueremo a vedere anche in estate un maggior numero di casi rispetto ad altre malattie infettive che il nostro sistema immunitario ha già avuto modo di conoscere”.