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Coronavirus, Galli su immigrati immuni: ma i dati smontano l'ipotesi

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Il virologo Massimo Galli ha ipotizzato che il coronavirus possa comportarsi diversamente a seconda dell'etnia. Ma i dati mostrano una realtà diversa.

In queste ultime settimane in cui l’Italia sta lottando contro l’emergenza coronavirus, una delle domande che più si rincorrevano sul web è stata quella sullo scarso numero di contagi tra la popolazione di immigrati. Un fenomeno che ha immediatamente attirato l’attenzione di numerosi commentatori, portando a scomodare sull’argomento persino il virologo Massimo Galli, che in proposito ha avanzato l’ipotesi di un diverso comportamento del virus a seconda dell’etnia del paziente. Andando però ad analizzare i dati della pandemia, si scopre che la realtà è più complessa di quello che sembra.

Coronavirus, Galli sugli immigrati immuni

Intervenendo durante la trasmissione di Rai 3 Agorà, il direttore del dipartimento malattie infettive dell’ospedale Luigi Sacco di Milano Massimo Galli ha spiegato che: “C’è una diversa disponibilità e caratteristiche dei recettori del virus per alcune popolazioni africane […] la ‘porta di ingresso’ del virus è diversa a seconda delle etnie. Ad esempio per gli asiatici e gli europei c’è una ‘porta aperta’ per il virus, gli africani hanno queste ‘porte’ chiuse e semichiuse”.

Il professore Galli ha tuttavia precisato come questa sia soltanto un’ipotesi ancora allo studio che non trova attualmente conferma nelle ricerche scientifiche: “Se fosse così, il disastro colpirebbe meno alcune aree povere del mondo”.

Stranieri mediamente più giovani

Una replica alle parole di Massimo Galli la possiamo trovare nelle dichiarazioni di Francesco Castelli, primario di infettivologia agli Spedali Civili di Brescia, il quale spiega come i contagi da coronavirus siano inferiori tra la popolazione straniera in Italia perché rappresentata per la maggior parte da una fascia d’età poco a rischio.

Il medico infatti afferma: “I pazienti non italiani non sono tanti. Ce ne sono, ma pochi. […] La popolazione straniera che vive in Italia è giovane e anche i giovani italiani sono meno colpiti rispetto agli anziani. Quindi parliamo di una fetta della società, a prescindere dalla provenienza, che è più al sicuro”. Altro fattore che potrebbe essere determinante è quello della scarsa propensione degli immigrati a rivolgersi al Servizio Sanitario Nazionale, preferendo invece affidarsi alle comunità del proprio paese d’origine.

Dello stesso parere anche il collega infettivologo Roberto Stellini: “Gli stranieri sono giovani e la malattia è poco espressa, o comunque in forma minore, anche tra i giovani bresciani quindi questo è il primo dato dal quale partire nell’analisi”. A confermare le parole dei due medici vi è inoltre la notizia della scomparsa per coronavirus di Christin Kamdem Tadjuidje, studente universitario originario del Camerun ma residente in Toscana morto il 24 marzo.

Il dato dei contagi in Africa

La teoria degli immigrati immuni al coronavirus si scontra anche con i numeri dei contagiati nel continente africano, dove su 54 paesi ben 43 hanno registrato casi di Covid-19, con un totale complessivo di 1.436 contagi e 46 decessi per la malattia. Il dato, fornito dall’Africa Centres for Disease Control and Prevention, potrebbe però essere di gran lunga superiore a causa della carenza di infrastrutture sanitarie nel continente, che impedirebbe una diagnosi approfondita di tutti i casi presenti.