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Coronavirus, l'aria condizionata favorisce la trasmissione? Parla Rezza

gianni rezza coronavirus

"È stato ipotizzato, ma non è assolutamente provato", Gianni Rezza interviene sulla diffusione del coronavirus tramite aria condizionata.

Gianni Rezza parla ad Agorà sulla fase 2 e dei diversi rischi collegati al rientro sul lavoro. Aria condizionata e trasmissione del coronavirus, c’è un legame che dovrebbe preoccupare gli italiani? “È stato ipotizzato, ma non è assolutamente provato” assicura l’esperto.

Aria condizionata e coronavirus

Il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza, torna a fare chiarezza su alcuni punti relativi alla fase 2 e il rischio di contagio. Intervenuto ad Agorà, il direttore ha spiegato che a destare l’allarme sulla diffusione tramite l’aria condizionata è stato “un articolo comparso su una rivista americana sul tema delle malattie infettive emergenti”. Un titolo fuorviante, del tutto inappropriato e senza dei veri studi dietro: “È stato ipotizzato che l’aria condizionata possa aerosolizzare il virus e trasmetterlo a distanza, ma non è assolutamente provato”.

E ancora: “Poi si è visto che erano due famiglie che stavano su due tavoli vicini, distanziati a più di un metro, e l’aria condizionata aveva fatto in pratica da vento, spostando le goccioline di saliva a distanza. Si è tratta di un caso eccezionale, non è stata l’aria condizionata in sè a trasmettere il virus”.

Il virologo non ha nascosto la sua preoccupazione per la Fase 2, iniziata ufficialmente lunedì 4 maggio, quando – secondo Rezza – il virus gira ancora troppo tra noi: “Ci sono ancora casi nelle Rsa, vorrei anche io che il virus scomparisse ma non credo che questo sogno possa avverarsi molto presto. Bisogna moltiplicare gli sforzi per arginare la diffusione ed essere pronti a intercettare qualsiasi ritorno in campo del virus”.

Il virus e l’estate

In molti si chiedono ancora se, con l’arrivo dell’estate, il virus girerà ancora: “Se ci sono colleghi stimati che hanno dono della preveggenza, benissimo. Se morirà a giugno faremo una grande festa”, parole che lasciano poco spazio alla fantasia quindi, e che cozzano con quelle d’altri colleghi che prevedevano una scomparsa del Covid-19 a giugno: “Anche io vorrei che scomparisse ma non credo questo sogno possa realizzarsi molto presto. Dobbiamo quindi raddoppiare, triplicare gli sforzi per arginarne la diffusione”.

Nonostante da una parte sia necessario aprire il Paese, non bisogna dimenticare le regole da seguire: “I cittadini devono aver comportamenti responsabili: distanziamento, lavaggio delle mani, mascherine in luoghi pubblici. Dall’altra parte la sanità pubblica deve esser pronta a intercettare a livello territoriale un possibile ritorno in campo del virus“. Infine, un’ultima parola sulle terapie intensive, dove i posti sono aumentati notevolmente: “Era importante farlo perchè il Ssn si era dapauperato, ma il fatto di avere più posti non vuole dire che dobbiamo riempirli. Dobbiamo essere bravi sul territorio, serve un grande lavoro per intercettare i focolai e rintracciare i contatti”. E un appunto sui modelli futuri, individuato in Paesi come la Germania, dove i posti disponibili per la terapia intensiva son circa 4 o 5 volte in più, proprio per evitare sovraffollamenti.