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Coronavirus, rischio ingorgo della sanità: rimandati 600mila interventi

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Dopo l'emergenza coronavirus, la sanità rischia di rimanere bloccata. Le operazioni oncologiche sono calate del 50%. Molte le visite rimandate.

Con centinaia di contagi ogni giorno per settimane gli ospedali italiani sono stati sul punto di collassare. Con terapie intensive sotto stress, l’emergenza coronavirus ha paralizzato le strutture ospedaliere del nostro Paese e ora la sanità rischia di essere bloccata. Si teme un “ingorgo”.

Coronavirus, sanità bloccata dopo l’emergenza

Per mesi il Covid-19 e i molti malati in terapia intensiva hanno avuto la precedenze. Così sono stati rimandati almeno 600mila interventi chirurgici. Saltate anche milioni di visite ed esami. I medici lanciano un allarme: con i ritardi di diagnosi e cure potrebbero esserci più morti di quelli causati dal virus.

Con la ripartenza si rischia l’ingorgo delle strutture sanitarie. Adesso che l’andamento del coronavirus sembra migliorare, riprendono gli esami e le visite mediche. Pierluigi Marini, presidente dell’ Associazione chirurghi ospedalieri italiani e primario al San Camillo di Roma, ha spiegato quali potranno essere i rischi. “È una situazione mai affrontata prima. Con la chiusura delle sale operatorie, con gli ospedali, almeno all’inizio, non attrezzati a percorsi Covid o completamente occupati dall’emergenza del virus, il nostro lavoro si è interrotto quasi del tutto, ha fatto sapere.

Tra marzo e maggio molte visite sono state rimandate. In molti, inoltre, avevano paura di recarsi negli ospedali, visti come nuovi focolai del Covid-19. Si stima che siano 3 milioni solo coloro che hanno bisogno del cardiologo e 12 milioni quelli che devono fare un esame radiologico.

Anche le operazioni oncologiche sono calate del 50%. “E nel nostro Paese abbiamo circa mille nuovi casi di cancro al giorno”, ha aggiunto Marini. Resta fondamentale munirsi di nuove attrezzature tecnico-scientifiche e destinare nuovi investimenti alla sanità. “Dobbiamo tentare il recupero. Ma se anche lavorassimo il 20% più di prima, impiegheremmo 11 mesi a raggiungere una cifra di interventi accettabile, che colmerebbe il divario che si è creato. Non è fattibile. Le conseguenze di questo accumulo sono spaventose“, ha spiegato con la dovuta preoccupazione del caso.

Il coronavirus ha comportato l’interruzione anche degli screening oncologici. Secondo una ricerca del centro studi Nomisma di Bologna, a settembre ci saranno 4 milioni di esami di screening da fare in 3 mesi, cioè i due terzi del totale dell’anno.

Dalle analisi realizzate da Nomisma, tra marzo e giugno sono saltano circa 410mila operazioni. Quasi mezzo milione se si contano anche quelle contro il cancro. “Per un intervento programmato di bypass coronarico o di angioplastica coronarica, dove l’attesa media nazionale si aggira intorno ai 20-25 giorni, i tempi potranno raggiungere i 4 mesi, mentre per un impianto di protesi d’ anca l’ attesa potrà raddoppiare superando i sei mesi”. A spiegarlo sono state Maria Cristina Perrelli Branca e Paola Piccioni, analiste di Nomisma.

L’allarme dei cardiologi

Anche i cardiologi si dicono preoccupati per lo scenario che si prospetta negli ospedali all’indomani dell’emergenza coronavirus. “Abbiamo avuto la metà di ricoveri di pazienti con infarto miocardico rispetto all’anno scorso. E tra chi si è ricoverato, la mortalità è triplicata”, ha spiegato il presidente della Società italiana di cardiologia, Ciro Indolfi.

Qualcuno quindi ha tralasciato i sintomi, non andando in ospedale. Per alcuni poi è stato troppo tardi. “In buona sostanza, siamo tornati indietro di 20 anni.