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Roma, l'appello dei commercianti: "Stavolta è durissima"

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I commercianti di Roma sono allo stremo e lanciano il proprio appello: "Così chiudiamo tutti".

L’ampia diffusione del coronavirus in tutta Italia sta inevitabilmente creando dei disagi ai commercianti, magari non coinvolti direttamente dalle misure previste dall’ultimo dpcm, ma indirettamente bloccati da quel senso di incognita verso il futuro che spesso limita gli stessi clienti nell’acquistare nuovi beni e servizi. L’ultimo appello in tal senso arriva dai commerciati di Roma che, attraverso le pagine del Messaggero, lamentano un situazione dalla quale per molti esercenti sarà impossibile venire fuori. “Proviamo a sopravvivere ma stavolta è durissima – dice Gianni Amicone, del negozio di abbigliamento Bad Angel, è il presidente dell’Associazione commercianti di via Tuscolana – Ci sono pochi clienti in giro, sembra di essere tornati a febbraio”.

Roma, l’appello dei commercianti

C’è chi tra i commercianti prova a reinventarsi, magari convertendo il suo locale in uno spazio di coworking con Wifi gratuito, chi ha già chiuso dopo il primo lockdown e chi prova comunque a portare avanti il proprio lavoro cercando di rispettare nel minimo dettaglio ogni regola. Jessica, ad esempio, è la titolare di uno storico negozio d’abbigliamento di via Tuscolana: “Cerco di attrarre i clienti con le vetrine – dice – siamo severissimi con le regole per contrastare il Covid, le mamme mandano le figlie qui perché sanno che facciamo rispettare le regole, ma ormai non c’è più nessuno a comprare“.

Ci sono poi i ristoratori, alcuni dei quali nettamente contro quanto previsto dal dpcm. Tra questi Giuseppe Platania, del bar I siciliani: “Avevamo 13 negozi a Roma, ora sei, uno è sulla Tuscolana e l’altro in viale Giulio Agricola, le nuove regole ci hanno uccisi, la maggior parte dei clienti li avevamo durante l’aperitivo: ne servivamo circa 150 al giorno. Ora parte del personale è stato rimesso in cassa integrazione, ma alcuni non hanno ancora ricevuto il contributo di marzo”.

La situazione più delicata la si riscontra poi in quei locali abitualmente frequentati di sera e che sono limitati nel concetto di asporto in quanto specializzati in cocktail o attività affini. È il caso del Piccadilly che al Messaggero dichiara di aver guadagnato solo 14 euro fino a mezzogiorno. “Mi sono dato tempo una settimana poi chiudo – dice il proprietario Fabrizio Lauria Come potrei sopravvivere? Appena apro le serrande ho circa 2 mila euro al giorno di spese fisse, in due giorni ho guadagnato 300 euro, la chiusura alle 18 ha decretato la morte di negozi come i nostri, dopotutto viviamo con gli aperitivi”.