Shahr-i Sokhta è un sito archeologico situato nel sud dell’Iran a pochi chilometri dal confine con l’Afghanistan. Il luogo si trova in una zona desertica davvero inospitale. Il nome del luogo significa “città bruciata” dal momento che si sa che ha subito ben 3 incendi. La nascita della città dovrebbe risalire intorno al 3200 avanti Cristo e sarebbe stata abbandonata intorno al 2300 avanti Cristo per cause ancora sconosciute. La prima scoperta del sito archeologico avvenne nel 1967 ad opera dell’archeologo Maurizio Tosi.
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Shahr-i Sokhta, la “Pompei d’Oriente”
Il sito di Shahr-i Sokhta è soprannominato “la Pompei d’Oriente” perché, come per l’insediamento ai piedi del Vesuvio, qui si trovano i resti di un intera città che occupava circa 300 ettari, di cui solo il 5% è stato riportato alla luce. Nel 2006 è partita una nuova missione di recupero organizzata dal dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento e dall’Iranian Center for Archaeological Research.
Le nuove scoperte
Questa nuova missione ha portato alla scoperta di alcuni manufatti che riporterebbero indietro di 300 anni la fondazione della città, oltre al ritrovamento di un numero considerevole di “proto-tavolette” che riportano una serie di indicazioni numeriche con linee e punti. Oltre a questi è emerso dalla sabbia un piccolo righello con linee separate da 1,1 centimetri e la cosa interessante è che i mattoni sono lunghi 11 centimetri, segno di una convergenza numerica precisa.
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