Quando una vita comincia senza radici e viene spezzata troppo presto, resta solo il dolore di un “figlio di nessuno”. Questa è la storia di Douglas, un ragazzo lasciato in un orfanotrofio in Brasile, adottato da una famiglia italiana e poi abbandonato di nuovo. Tra solitudine, lotte e il desiderio disperato di riscatto, Douglas ha provato a costruire un futuro.
Ma a 28 anni, quella battaglia si è conclusa tragicamente, lasciando dietro di sé un racconto di fragilità e speranza infranta.
La morte di Douglas: reazioni e riflessioni sulle difficoltà delle adozioni fallite
La deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari ha seguito fin da subito la vicenda di Douglas, sottolineando come il giovane abbia portato con sé il peso di un abbandono che nessun bambino dovrebbe mai subire. Ascari ha definito la sua morte un colpo al cuore, ma anche un monito per tutti: una dolorosa chiamata a riflettere sulle adozioni fallite e sulla fragilità di chi viene emarginato, ricordando che i traumi vissuti possono avere conseguenze drammatiche. La parlamentare ha inoltre continuato a sostenere la battaglia insieme all’associazione MammeMatte.
Anche Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali di Napoli e primo uomo single in Italia ad aver adottato una bambina con sindrome di Down, è intervenuto sulla questione, evidenziando come la storia di Douglas non sia un caso isolato, ma piuttosto un segnale della fragilità di un sistema che necessita di profonde riforme.
Douglas, una vita spezzata a 28 anni: la storia di un “figlio di nessuno”
Nella notte tra domenica e lunedì è morto Douglas Dall’Asta, giovane di origine brasiliana che a 28 anni ha deciso di porre fine alla sua vita, schiacciato dal peso di un’esistenza segnata da dolore e difficoltà.
Douglas aveva un legame profondo con Modena, città dove aveva cercato di ricostruirsi una vita migliore dopo un passato tormentato. Abbandonato in Brasile a tre anni, era stato adottato da una coppia italiana a nove, ma quell’adozione durò solo cinque giorni, prima che venisse nuovamente lasciato solo. Da quel momento ha vissuto in comunità, affrontando la solitudine, la strada, la droga e il carcere.
Nel penitenziario di Modena, grazie all’aiuto dell’avvocato Gianluca Barbiero, Douglas ha intrapreso una battaglia legale contro i genitori adottivi, condannati per abbandono. La sua storia, raccontata nel libro “Figlio di nessuno” scritto con la giornalista Valentina Reggiani, ha commosso molti e ha portato all’attenzione pubblica il tema delle adozioni fallite e della fragilità di chi cresce ai margini.
“Vorrei che nessun altro bambino si sentisse come me, un reso. Vorrei solo sapere perché, cosa potevo aver sbagliato a nove anni per essere buttato in mezzo alla strada”, raccontava il giovane.