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Regime forfettario e lavoro dipendente contemporaneamente, si può fare?

Regime forfettario e lavoro dipendente contemporaneamente

Regime forfettario e lavoro dipendente contemporaneamente, è possibile? Le regole di accesso dei dipendenti alla partita IVA in regime forfettario.

La risposta è sì, si può fare, ma a determinate condizioni. Si può avere partita IVA e lavoro dipendente contemporaneamente. E questo vale anche per la partita IVA in regime forfettario.

Regime forfettario e lavoro dipendente contemporaneamente

Il regime forfettario è il regime IVA naturale per le piccole attività come possono essere quelle di un soggetto che ha già un lavoro dipendente e intende integrare il proprio reddito con un secondo lavoro. Questo perché la partita IVA forfettaria garantisce una tassazione agevolata e conveniente. Vediamo le due caratteristiche principali di questo regime:

  • limite massimo di fatturato annuo pari a 65mila euro;
  • flat tax al 15%, che scende al 5% in caso di nuove partite IVA (quest’ultima aliquota è applicabile soltanto per i primi 5 anni).

Sono poi concesse numerose semplificazioni in termini di adempimenti fiscali e burocratici. Attenzione al reddito da lavoro dipendente, però: per poter accedere al regime agevolato, il reddito da lavoro dipendente annuo non deve superare i 30mila euro, altrimenti non si ha diritto al regime forfettario (ne parleremo nei prossimi paragrafi).

Per un approfondimento consigliamo il nostro articolo: Regime forfettario 2020: requisiti, come funziona e le cause di esclusione

Partita IVA dipendenti privati

Abbiamo detto che lavoro dipendente e partita IVA possono coesistere, ma a determinate condizioni. Potrebbe essere un rischio se l’attività svolta in partita IVA va in diretta concorrenza con quella svolta dal datore di lavoro, soprattutto se il contratto di lavoro dipendente lo vieta espressamente.

Inoltre pure non essendoci alcun obbligo di comunicare la seconda attività al datore di lavoro, sarebbe opportuno farlo per evitare di giungere a un licenziamento con giusta causa. Segnaliamo l’art. 2105 del codice civile, che regola l’obbligo di fedeltà al datore di lavoro:

“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”

Partita IVA dipendenti pubblici

Per i dipendenti pubblici, il discorso si complica un po’. In via generale non è possibile essere dipendente pubblico e avere la partita IVA contemporaneamente. Ma ci sono delle eccezioni. Abbiamo due tipi di incompatibilità con il lavoro pubblico:

  • assoluta, per le attività autonome di carattere commerciale, industriale o professionale (sono esclusi i soggetti con contratto part-time inferiore al 50%);
  • relativa, per incarichi retribuiti ma occasionali, che possono essere autorizzati da parte dell’autorità competente.

Sono invece consentite, senza necessità di autorizzazione, le attività che contemplino compensi derivanti da:

  • collaborazioni con giornali, riviste, enciclopedie ecc.;
  • sfruttamento economico di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali da parte dell’autore o inventore;
  • partecipazione a convegni e seminari;
  • incarichi per i quali è previsto il rimborso delle spese documentate;
  • incarichi per il cui svolgimento il dipendente è posto in aspettativa, in comando o fuori ruolo;
  • incarichi assegnati da organizzazioni sindacali a dipendenti che siano, presso le stesse, distaccati o in aspettativa non retribuita;
  • attività di formazione rivolta ai dipendenti pubblici oppure di docenza e di ricerca scientifica.

Aprire la partita IVA da lavoratore dipendente: i passi da seguire

Definiti gli ambiti entro i quali è consentito ai lavoratori dipendenti di aprire anche una partita IVA, occorre capire se l’attività si configura come libera professione o lavoro autonomo. Per le attività intellettuali come formazione, consulenza ecc., si aprirà la partita IVA come libero professionista. Se invece si intende ad esempio produrre degli oggetti, bisognerà aprire una ditta individuale, forma dedicata a commercianti ed artigiani. Questa differenza è importante per questioni burocratiche e contributive:

  • Libero professionista. Apertura della partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate ed iscrizione alla Gestione Separata INPS (a meno che non si svolga una professione con cassa professionale privata, ad esempio il commercialista).
  • Ditta individuale. Comunicazione telematica unica con contemporanea apertura della partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate, iscrizione alla Camera di Commercio e iscrizione alla gestione INPS Artigiani e Commercianti.

Partita IVA dipendenti e contributi INPS

La questione contributiva dipende dalla tipologia di contratto da lavoro dipendente del soggetto che intende aprire la partita IVA:

  • Lavoratore dipendente a tempo indeterminato full time, che avvia un’attività artigiana o commerciale. Se il lavoro dipendente è quello prevalente sia per il reddito che per i tempi di lavoro, non è necessaria l’iscrizione alla Gestione artigiani e commercianti dell’INPS né il versamento dei relativi contributi. Si riceve comunque una comunicazione dall’INPS a cui si deve rispondere con le motivazioni per la cancellazione.
  • Lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista. In questo caso è previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS versando il contributo ridotto del 18% (l’aliquota ordinaria è infatti pari al 24%);
  • Lavoratore con contratto di lavoro a tempo determinato. Occorrerà fare una valutazione di prevalenza tra l’attività da lavoro dipendente e quella da lavoro autonomo, nel corso dell’anno.

Regime forfettario dipendenti 2020: limite reddituale

A partire dal 2020, non è più possibile aderire al regime forfettario in due casi in particolare:

  • spese per il personale (dipendenti o collaboratori) superiori a 20mila euro;
  • reddito da pensione o da lavoro dipendente superiore a 30mila euro.

Ciò significa che i soggetti che hanno percepito nel 2019 un reddito da lavoro dipendente superiore a 30mila euro, non possono accedere al regime forfettario nel 2020. Oppure se sono già nel regime dal 2019 devono uscirne nel 2020, passando al regime ordinario. Il reddito da prendere come riferimento per il nuovo limite è l’imponibile fiscale presente nella Certificazione Unica.

Lavoratori dipendenti e limite dei 30mila euro per il forfettario: i chiarimenti delle Entrate

La nuova causa di esclusione dal regime forfettario che coinvolge i lavoratori dipendenti con reddito superiore a 30mila euro, è stata molto discussa all’inizio del 2020. Poiché entrando immediatamente in vigore dal 1° gennaio 2020, sembrava confliggesse con lo Statuto del Contribuente che garantisce che le disposizioni tributarie non possano prevedere adempimenti a carico dei contribuenti, con scadenza fissata prima di 60 giorni dalla data della loro entrata in vigore.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito e chiuso la questione con la Risoluzione n. 7/E dell’11 febbraio 2020, che recita:

“Con riferimento all’eventuale contrasto delle nuove norme con l’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, si osserva che le modifiche apportate al regime con la legge di bilancio per il 2020 non impongono alcun adempimento immediato, atto a garantire le condizioni abilitanti per la permanenza nel regime per i soggetti che nel 2019 avevano i requisiti per fruire del forfait.
Infatti, il requisito (non aver sostenuto più di 20.000 euro di spese per lavoro accessorio, lavoratori dipendenti e collaboratori) e la causa di esclusione (aver percepito più di 30.000 euro di redditi da lavoro dipendente e assimilati) impongono esclusivamente una verifica dell’eventuale superamento di dette soglie.
Inoltre, l’eventuale fuoriuscita dal regime forfetario comporterà per il contribuente l’adozione del regime ordinario, con i consueti adempimenti e secondo regole note e già fissate nell’ambito dello stesso regime forfetario: in tale ottica, non sembra possibile ritenere che si contravvenga al contenuto dispositivo dell’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.”

In poche parole il soggetto che nel 2019 ha ottenuto un reddito da lavoro dipendente superiore a 30mila euro, esce naturalmente dal regime forfettario e non deve darne alcuna comunicazione al fisco. Deve però gestire la propria attività autonoma, applicando le regole del regime ordinario.

Passaggio dal regime ordinario al regime forfettario per i lavoratori dipendenti

Il soggetto con reddito da lavoro dipendente 2019 superiore a 30mila euro, che era in regime forfettario, deve passare al regime ordinario e quindi attivare i seguenti comportamenti:

  • utilizzare obbligatoriamente la fatturazione elettronica;
  • registrare fatture emesse/corrispettivi;
  • registrare gli acquisti;
  • tenere e conservare i registri e i documenti;
  • compilare e trasmettere la dichiarazione annuale IVA;
  • fare la comunicazione black list;
  • registrare e tenere le scritture contabili;
  • applicare gli ISA, Indici Sintetici di Affidabilità (ex Studi di Settore);
  • operare le ritenute alla fonte in qualità di sostituto d’imposta;
  • applicare la ritenuta alla fonte sui ricavi/compensi conseguiti, nel caso in cui il dipendente sia un libero professionista.