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Reddito di base universale: la nuova risposta alla pandemia del coronavirus

reddito di base universale

Il reddito di base universale potrebbe costituire la risposta necessaria dei governi al termine della crisi portata dal coronavirus.

I quotidiani inglesi lo hanno definito UBI, ovvero universal basic encome: il reddito di base universale di configura come la nuova risposta alla pandemia di coronavirus. Una volta terminata l’emergenza, infatti, si renderà necessario un robusto sostegno a imprese e famiglie per far ripartire l’economia dopo un lockdown durato oltre quasi due mesi. L’idea, rilanciata da molti anche sui social, è quella di predisporre un reddito “in denaro, per tutti, senza vincoli”. Il dibattito si è aperto in Europa e molti Stati hanno già predisposto una sperimentazione. L’Italia potrebbe allinearsi?

Reddito di base universale

Anthony Painter, direttore del centro di azione e ricerca RSA, sostiene che al termine della pandemia, i lavoratori si troveranno “di fronte a una scelta intollerabile tra lavoro, famiglia e salute”. “Il coronavirus – infatti – ha rivelato i punti deboli nel garantire la sicurezza economica per tutta l’Europa”. Una delle risposte possibili di fronte a questa crisi è il reddito di base universale, una sorta di sostegno e protezione per ripartire. Una sorta di sostegno in denaro esteso a tutta la popolazione e senza alcun vincolo.

“La mia opinione – ha proseguito Painter – è che gli stati assistenziali tradizionalmente solidi come quelli scandinavi, francesi e tedeschi sapranno gestire ragionevolmente bene lo stress. Tutti gli altri, compresi Spagna e Regno Unito, dovranno riconsiderare le loro reti di sicurezza sociale se vorranno avere maggiore sicurezza e resilienza in futuro”.

Il dibattito in Europa

In Spagna è già stata avviata la sperimentazione e il Ministro della Sicurezza Sociale José Luis Escrivá ha già assicurato che a maggio 100 mila famiglie monoparentali in difficoltà potranno beneficiare di un reddito minimo vitale. A differenza del reddito di base universale, però, che viene concesso a tutti i cittadini senza distinzioni, quello spagnolo è una variante light.

Il ministro delle Finanze britannico Rishi Sunak, invece, ha respinto la proposta ritenendola inadeguata per l’emergenza in corso. In Germania, nonostante sia stata presentata una petizione a tale riguardo, pare che non verrà data concreta attuazione all’impulso legislativo popolare. Emmanuel Macron, in Francia, infine, aveva già lanciato una proposta nel 2018 riguardo “un reddito da lavoro universale che unisca il maggior numero possibile di prestazioni e di cui lo Stato sia pienamente responsabile”.

Rimane però la Finlandia il Paese europeo nel quale è stata realmente avviata una sperimentazione del reddito di base universale. Coinvolgendo circa 2.000 cittadini nel 2017, la Finlandia ha elargito 560 euro al mese alle persone indipendentemente dal fatto che avessero o meno trovato lavoro. Il costo annuale stimato dal governo era di 20 milioni di euro: per questo motivo non venne rilanciato nel 2018. ma a qualche anno di distanza e dopo una pandemia, la sperimentazione torna sotto ai riflettori.

Il dibattito in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, una misura molto simile – il reddito di cittadinanza – era stata predisposta per le famiglie che soddisfavano alcuni criteri di vulnerabilità. Dopo la crisi del coronavirus, però, il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha proposto l’istituzione un nuovo reddito di emergenza per circa 3 milioni di cittadini italiani.